Che la Chiesa ci fosse rimasta male, non c'erano dubbi. Ma le parole di ieri del cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, evidenziano in seno ai vertici delle gerarchie ecclesiastiche un nervo scoperto dalle fitte dolorosissime: «Non si può parlare solo di una sconfitta dei principi cristiani, ma di una sconfitta dell'umanità». Il riferimento è chiaramente al recente referendum in Irlanda con la larga vittoria dei sì ai matrimoni omosessuali.
«Sono rimasto molto triste per questo risultato - confessa Parolin, a margine della cerimonia al Palazzo della Cancelleria per il Premio «Economia e Società» -. Come ha detto l'arcivescovo di Dublino, la Chiesa deve tenere conto di questa realtà; ma deve farlo nel senso che deve rafforzare tutto il suo impegno e tutto il suo sforzo per evangelizzare anche la nostra cultura. La famiglia rimane al centro e dobbiamo fare di tutto per difendere, tutelare e promuovere la famiglia perché ogni futuro dell'umanità e della Chiesa anche di fronte a certi avvenimenti che sono successi in questi giorni rimane la famiglia». «Colpirla - è il monito di Parolin - sarebbe come togliere la base dell'edificio del futuro».
Parole che vanno «ideologicamente» in controtendenza rispetto ai risultati del referendum irlandese in cui il 62,1 per cento degli irlandesi ha detto «sì» alle nozze gay. I «no» sono stati il 37,9%. I risultati definitivi del referendum erano stati anticipati in un tweet del ministro per le pari opportunità Aodhan O'Riordain. Erano già 21 i Paesi che in tutto il mondo hanno legalizzato i matrimoni tra omosessuali , ma l'Irlanda è la prima nazione a farlo passando per una consultazione popolare. Cinque anni dopo l'approvazione in Parlamento delle unioni civili per le coppie omosessuali. Inimmaginabile solo 20 anni fa, quando nella Repubblica dell'«isola verde» veniva finalmente cancellato il reato penale di «omosessualità». Un'apertura che ha scatenato la reazione della Chiesa più tradizionalista, cui adesso lo «sfogo» di Parolin sembra dare contezza, toccando anche ambiti «sensibili» del vivere civile, a cominciare dall'economia: «I punti di riferimento siano la dignità della persona umana e la promozione del bene comune. Le gravi distorsioni economiche pesano sulla salute del pianeta e influenzano negativamente la vita e la società umana».
L'esponente vaticano ricorda che «per rispondere a queste gravi disfunzioni resta utile la dottrina sociale della Chiesa, che predica anche una visione cristiana della finanza. Lo stesso Papa Francesco è intervenuto in diverse occasioni per sottolineare che l'attuale crisi non è soltanto economica e finanziaria ma anche e soprattutto etica, con la negazione del primato della persona».
Più cauto monsignor Galantino (Cei): «La Chiesa non si arrocchi ed eviti l'accettazione acritica». Ma da questo orecchio il cardinale Parolin non pare sentire: «Si è creata l'idolatria del denaro, senza radici e senza un vero scopo umano, colpendo in tal modo la stessa economia e riducendo la persona al consumo e allo spreco. Anche Papa Benedetto XVI ha spiega che ogni decisione economica ha conseguenze morali.
Occorre dunque ritrovare il binomio economia-sviluppo, riscoprendo il significato del lavoro individuale e collettivo, in un quadro etico che deve necessariamente essere robusto e sano».Parole teoricamente (e teologicamente) condivisibili, ma che ricordano molto da vicino il principio della vox clamans in deserto . Una preghiera destinata a rimanere inascoltata.
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