da Milano
Giù le mani dalla Bce. Jean-Claude Trichet scende ancora in campo per affermare ad alta voce che «Monsieur Euro cest moi». E in risposta al pressing asfissiante della Francia, pronta a sollecitare anche ieri una svalutazione competitiva per sgonfiare leuro e ridare ossigeno alle imprese, il presidente della Bce sfodera una percentuale, quel «73% di europei (che) dice sì alla nostra indipendenza dai governi». A Trichet, «fiero di assicurare la stabilità dei prezzi a 319 milioni di persone», fa poi eco Lorenzo Bini-Smaghi, consigliere dellistituto, pronto a difendere lautonomia di Francoforte e a invitare i ministri delle Finanze dellEurogruppo ad usare maggiore cautela nel commentare landamento dei cambi. Parole fattesi ancor più chiare nel rammentare un dettaglio: ovvero che la gestione delle riserve valutarie, le «chiavi della cassa», è di esclusiva pertinenza dellEurotower.
I giorni che stanno precedendo la riunione di domani della Bce, lultima prima della pausa estiva, sono insomma scanditi dal crescente deterioramento dei rapporti tra Parigi e Francoforte. Il rafforzamento delleuro, giunto lunedì a un passo dal primato storico contro il dollaro e ieri protagonista di un nuovo record rispetto allo yen (a quota 167,18), certo non contribuisce a migliorare i rapporti, ma offre anzi il destro ai francesi per stigmatizzarne la sopravvalutazione. Lo ha fatto, durante lo scorso fine settimana, il presidente Nicholas Sarkozy; lo hanno ribadito anche ieri Michel Bernier, ministro dellAgricoltura (ed ex commissario Ue), e Jean-Pierre Jouyet, segretario di Stato per gli Affari europei. Nella sostanza, Parigi vorrebbe che leuro fosse meno scudo protettivo e più acceleratore di crescita. Ed è questo il punto di frizione. Perché la filosofia dellEliseo mal si coniuga con quella della Bce, tesa a preservare lEurozona dallinflazione. Domani i tassi rimarranno fermi al 4%, ma gli analisti sono da tempo convinti che prima della fine dellanno il costo del denaro sarà portato al 4,5% con altre due manovre al rialzo da un quarto di punto ciascuna allo scopo di stemperare le eventuali spinte inflazionistiche derivanti dai rinnovi contrattuali.
In ogni caso, il modus operandi della Banca centrale non cambierà, quali che siano le pressioni cui verrà sottoposta. Gli «orientamenti generali» che lEurogruppo può esprimere sulla politica dei cambi, sottolinea Bini-Smaghi, «non possono mettere a pregiudizio lobiettivo di stabilità dei prezzi della Bce». E se è vero che gli interventi valutari vanno concordati, è ancor più vero che la gestione delle riserve è appannaggio della banca centrale, a differenza di quanto avviene negli Stati Uniti e in Giappone, dove i ministri delle Finanze possono agire tanto sulle direttive, quanto sullutilizzo degli stock.
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