Salpa il Carnevale di Viareggio, la festa che rovescia il mondo per gioco

Come un enorme "carrus navalis" la città si traveste e prende in giro i potenti e i famosi. Un rito antico che ogni anno si rinnova

Salpa il Carnevale di Viareggio, la festa che rovescia il mondo per gioco

Il Carnevale di Viareggio è un Carnevale di mare, e i carri sono come barche, e gli uomini si fanno pesci; le etimologie lo rivelano: Carnes levare («togliere la carne»), come nel giorno precedente la quaresima, in cui si cessava di mangiar carne, o Carne vale («carne, addio»), ma anche, con non minor forza delle parole, Carrus navalis (da cui in seguito car naval), una nave-carro su ruote, trainata durante le processioni delle festività di febbraio, in epoca imperiale fino al Medioevo.

Quello di Viareggio è sicuramente un carrus navalis.

Per Macrobio, «durante il mese di febbraio bisogna purificare la città e celebrare i riti funebri per i Mani, divinità del mondo sotterraneo». Il passaggio dall'inverno alla primavera favoriva un contatto con il mondo dell'aldilà; i morti reclamavano cerimonie in loro onore, come accade nelle società primitive che venerano i morti nei periodi del cambio di stagione.

Il Carnevale rovescia il funerale: è una festa, e i carri sono trionfi della vita, non trionfi della morte. E il carro esalta e dissacra il potere, oggi come ieri: di antica tradizione romana, ripresa nel Medioevo con il Carroccio, simbolo di libertà cittadina e popolare, il carro dei Trionfi di Carnevale nel Rinascimento diventa strumento di propaganda politica e culturale esibita al popolo dall'élite al potere. Devi vedere e riconoscere chi irridere, oggi i potenti, i politici e gli imprenditori, trasfigurati in caricature, che muovono ironia e ilarità. Perché la festa è anche fare la festa a qualcuno, prenderlo in giro. E i volti dei contemporanei irrisi si fanno maschere e si confondono con le maschere.

Le maschere sono presenti in ogni cultura; nascono come maschere degli antenati e dei defunti in ricordo dei riti per i Mani, poi si affermano le maschere animali, come quelle dei lupi o delle capre, e infine le maschere umane, che permettono di invertire i ruoli: di maschio e femmina, di ricchi e poveri, di giovani e vecchi. Nel teatro classico le maschere erano portate dagli attori per amplificare la voce impersonando tipi fissi: Macco, il ciarliero sciocco, Bucco, il ghiottone scaltro, Pappo, il vecchio sempre preso in giro, oltre al soldato spaccone e alla servetta astuta.

Le maschere italiane nacquero a Venezia e sono già ricordate alla fine del XIII secolo. Usate per diversi scopi, anche per nascondersi agli occhi della gente. Da Venezia si diffusero in Italia e in Europa e furono adottate dal teatro dell'arte. Ebbero la massima diffusione nei festini di Carnevale del Settecento, in cui ebbero grande fama personaggi come Rosaura la dama, Florindo l'innamorato, Lelio il bugiardo, inseriti da Goldoni nelle sue commedie.

Le maschere celebrano le tradizioni delle città e delle regioni d'Italia: il Piemonte con Gianduia, Bergamo con Arlecchino, Venezia con Pantalone e Colombina innamorata di Arlecchino, Milano con Meneghino, la Toscana con Stenterello, Roma col Sor Tartaglia, con Rugantino e Capitan Spaventa, Napoli con il mitico Pulcinella, la Sicilia con Peppe Nappa e i personaggi della tradizione dei paladini, Viareggio con Burlamacco e Ondina.

La prima apparizione di Burlamacco è stata sul manifesto del Carnevale 1931. Ritratto mentre giunge dal mare, camminando sui moli paralleli di Viareggio, ha al suo fianco una fanciulla, con il nome di Ondina, immagine solare dell'estate da trascorrere sulle spiagge viareggine. Con costume tipico della moda degli anni Trenta è l'emblema della stagione balneare, dell'estate, della Viareggio delle vacanze. Insieme le due figure sono icone delle due stagioni della città di Viareggio: l'estate e il Carnevale. Rispetto alla semplicità vacanziera di Ondina, Burlamacco è una vera e propria maschera concepita da Uberto Bonetti come una variante di Arlecchino, con il pompon di Pierrot, la gorgiera che ricorda quella di Capitan Spaventa, un copricapo simile a quello di Rugantino e un mantello nero svolazzante alla Balanzone.

Una maschera che rappresenta tutti e nessuno, ma che identifica invece pienamente Viareggio e il suo Carnevale. Il nome, Burlamacco deriva dal Buffalmacco di Boccaccio e dal canale del porto viareggino, il Burlamacca.

Ondina e Burlamacco sfilano a Carnevale su carri popolosi e variopinti lungo il corso che fiancheggia il mare. Potrebbero partire come imbarcazioni sospinte al largo da un vento amico contro un cielo azzurrissimo, per un viaggio senza fine come in un sogno.

Perché il Carnevale a Viareggio è sempre un sogno.

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