Salute

Emocromatosi, quando il ferro si accumula nei tessuti

La forma più diffusa è quella genetica o ereditaria, conseguente alla mutazione del gene HFE localizzato sul cromosoma 6

Emocromatosi, quando il ferro si accumula nei tessuti

Generalmente su base ereditaria, l'emocromatosi è una patologia caratterizzata dall'accumulo abnorme di ferro nei tessuti dell'organismo. Questo minerale è necessario per la sintesi di emoglobina (la proteina che trasporta l'ossigeno alle cellule) di mioglobina e di collagene. Inoltre è indispensabile nei processi di respirazione cellulare e nel metabolismo degli acidi nucleici. Il soggetto sano assorbe quotidianamente 1-2 grammi di ferro. Nei pazienti affetti da emocromatosi, invece, questa quantità si raddoppia o si triplica. Di conseguenza aumentano anche i depositi del macroelemento. Dai canonici 1-3 grammi, si arriva così a 20-30 o più grammi.

La forma più comune di emocromatosi è quella genetica o ereditaria consistente in un incremento dell'assorbimento di ferro a livello intestinale. Questa tipologia, maggiormente diffusa nel sesso maschile, colpisce circa un individuo su 300 ed è legata a una mutazione del gene HFE, localizzato sul cromosoma 6. L'età media di insorgenza si aggira intorno ai 50 anni. Il disturbo, tuttavia, può essere la conseguenza di altre patologie come le anemie sideroblastiche, la talassemia, l'epatopatia alcolica, l'eccessiva assunzione di ferro e di vitamina C. In tutti questi casi si parla di emocromatosi secondaria. Se non diagnosticata e trattata per tempo, la malattia può dar luogo a una serie di complicazioni a danno di fegato, cuore, pancreas, articolazioni e ghiandole della sfera sessuale.

L'insorgenza dei sintomi dell'emocromatosi è spesso subdola e lenta, tanto che l'esordio clinico avviene in maniera sfumata verso i 40 anni. La manifestazione più caratteristica è la colorazione della cute che assume tonalità simili al bronzo e al grigio ardesia. Le alterazioni cromatiche si localizzano soprattutto nelle parti scoperte. I segni clinici, derivanti dall'accumulo di ferro nei tessuti dell'organismo, includono: dolori articolari e addominali, stanchezza, letargia, ipogonadismo, epatomegalia, ovvero aumento del volume del fegato che può superare i 2 chili. Altri sintomi sono: perdita di peso, ipotiroidismo, diabete mellito, cirrosi epatica, amenorrea, ittero, ascite, splenomegalia, aritmie.

La diagnosi dell'emocromatosi si basa essenzialmente su un esame di sangue finalizzato alla ricerca di quegli elementi che riflettono l'entità dei depositi di ferro, come la ferritina e la sideremia (saturazione della transferrina). Ulteriori conferme le si potranno ottenere anche tramite una biopsia epatica e test genetici in grado di rilevare le piccole mutazioni implicate nell'insorgenza della patologia. La terapia si pone l'obiettivo, tramite periodici salassi (flebotomia) di rimuovere l'eccesso di minerale. Ogni 500ml di sangue rimosso, vengono eliminati 250mg di ferro.

Allo stesso tempo si stimola il midollo osseo a richiamare dai depositi analoghe quantità dello stesso, fondamentali per la sintesi di nuovi globuli rossi (eritropoiesi).

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