Matthias Pfaender
Curare ed insegnare a curare, la missione di ogni ospedale che faccia parte di un polo universitario. Ci sono però istituti capaci di ampliare il valore di questo motto, portandolo ad abbracciare realtà solitamente non tutelate. Lente in questione è lospedale San Paolo e la sfortunata realtà è la Bielorussa, la piccola nazione dellEuropa nord-orientale devastata dal disastro di Chernobyl. A più di ventanni dallesplosione del reattore nucleare, gli effetti delle radiazioni si fanno ancora sentire. «Nella Repubblica di Belarus - informa la dottoressa Lorena Marani, responsabile di «Aiutiamoli a vivere», fondazione senza scopo di lucro impegnata dal 1992 nellorganizzazione di progetti in favore della Bielorussia - ogni anno nascono più di 300 bambini con gravi malformazioni facciali congenite. Secondo le statistiche dellIstituto di genetica bielorusso lincidenza dei bambini affetti da queste patologie, le labio-palato-schisi, aumenta nelle aree ecologicamente a rischio». «La malformazione che colpisce alla nascita questi bambini - spiega Roberto Brusati, primario del reparto di chirurgia maxillo-facciale del San Paolo - è molto invalidante. In parole povere, è un taglio verticale che parte dal naso e arriva fino al labbro superiore, dividendolo in due, e che menoma il palato; impedisce ai neonati di alimentarsi dal seno materno e alle arcate dentali di formarsi correttamente. Oltre ad impedire ai bambini di imparare a parlare». «Attualmente nella Repubblica di Belarus non esiste la possibilità di assistere adeguatamente questi bambini» ha sottolineato la Marani.
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