San Siro, tutto esaurito per il poker di Vasco

Da tempo dice di star male, di soffrire del «male oscuro», di una forma di esaurimento. Il successo, anzi il megasuccesso non basta, Vasco è un cantante esistenziale anche se è stato un maestro del pensiero spensierato. Ed è anche nihilista, figlio di una vita spericolata, con tanti guai e a volte poco senso. Ma è anche uno che con le sue scelte di vita e le sue canzoni ha cambiato la vita di legioni di fan, mica una responsabilità da niente.
Così Vasco si lamenta e dice: «Mi sono stancato di dire che sto bene, sono sincero quando dico che sto male perché non è che questa vita sia incredibile». Che Vasco nonostante l’aria da duro sia sensibile si sa, e si sa anche che la musica, il concerto lo fa rivivere. Così, per il debutto a San Siro di Live Kom ’011 (una serie di concerti, ieri sera, questa sera, domani e mercoledì prossimo, tanto per incominciare, andate subito esaurite, e molti fan sono ancora alla caccia del biglietto) è il solito duro del rock and roll, l’icona che ha da poco pubblicato il cd Vivere o niente e che distribuisce qualche buon consiglio misto a qualche altra lezioncina di vita spericolata (un intramontabile superclassico). Questo show di San Siro (che ha avuto un «numero zero», una prova generale col pubblico ad Ancona, Stadio del Conero) è veramente kolossal, con un palco gigantesco che di più non si può, fatto di poco meno di mille metri quadri di superficie e oltre cinquanta metri di altezza, «arredato» con 24 fiamme alte nove metri ciascuna, un equilibrista e due Ford issate sul palco durante Vivere non è facile.
In mezzo a questo gigantismo, l’omino che si avvicina a passi rapidi ai sessant’anni, in jeans e giubbotto di pelle (il suo abbigliamento stile gerrigliero è l’unica cosa un po’ retro) quasi scompare ma non importa vederlo; basta sentire la scarnita dizione con cui intona i suoi brani, la brutale passionalità con cui li rifinisce prima di darli in pasto ai fan. Un uomo solo circondato dall’affetto di migliaia di appassionati. Un paradosso, ed è la musica che fa da collante ideologico. Il rock tirato che ogni tanto si trasforma in ballata e in melodia. Uno spettacolo nuovo, con le canzoni dell’ultimo disco che spadroneggiano nella prima parte (da Sei pazza di me a Manifesto futurista), con vecchi inni punk come Giocala (targata 1983), e con le immancabili (e guai se mancassero) Albachiara, Vita spericolata, Senza parole con il break acustico di Una canzone per te e Incredibile romantica.
Dispiace per lui che sia depresso, ma se il male di vivere fa questo effetto musicale, ben venga.

Lo sostiene anche Vasco che, nel suo ultimo sfogo appunto, ha concluso affermando: «Per fortuna la sofferenza che provo spesso la uso per dare più profondità alle mie canzoni, quindi ben venga anche la sofferenza». Intanto il pubblico lo accompagna con un coro senza fine che dura ininterrotto per tutto il concerto.

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