«Sappiamo vendere anche ai cinesi»

Mastrotto (Unic): «Nella conceria l’Italia non ha rivali. Alto livello e rispetto dell’ambiente i nostri punti di forza»

Laura Verlicchi

da Milano

Leader europeo con il 60% della produzione e il 20% di quella mondiale, in tutto 5 miliardi di produzione, di cui 3,2 per l’export. È il bilancio dell’industria conciaria, un vanto dell’economia italiana, capace di vendere anche alla Cina. Come fa anche Rino Mastrotto, presidente del gruppo omonimo, tra i primi del mondo, e vicepresidente dell’Unic, l’associazione di categoria.
Come sono gli scambi?
«Mentre le pelli di fascia alta vanno alle grandi firme della moda, quelle medie, cioè il 90% del totale, sono esportate ovunque, in Europa, Usa, Australia, Nuova Zelanda e Asia, Cina compresa, dove vengono trasformate in prodotti finiti. E come Unic, abbiamo creato la fiera Lineapelle Asia. Tuttavia la Cina resta un Paese difficile. L’industria locale utilizza ancora metodi, soprattutto per quanto riguarda gli smaltimenti, che da noi sono al bando da vent’anni: con questo sistema è impossibile confrontarsi, vorrei dire, a carte scoperte con la nostra industria che invece ha fatto un grande sforzo, anche economico, sul fronte ambientale».
Con quali risultati?
«Il problema inquinamento è stato risolto al 70% e addirittura al 90% per quanto riguarda l’acqua. E miglioreremo ancora: lo prevede l’accordo nazionale siglato tra Unic e ministero dell’Ambiente. Anche perché il rispetto ambientale sarà uno dei nostri vantaggi competitivi per il futuro».
Ma non l’unico, immagino...


«Il futuro sarà selettivo, inevitabilmente. Anche perché abbiamo davanti concorrenti ancora più pericolosi della Cina, come l’India. Ma dobbiamo avere fiducia in noi stessi: chi manterrà un livello qualitativo alto, crescerà».

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