Settantamila nuovi italiani solo a Milano, oltre a quasi ottomila bimbi naturalizzati alla nascita. È lecito aspettarsi una corsa alluffico anagrafe per la certificazione da parte dei residenti stranieri. Ma Stefano Pillitteri, assessore ai Servizi al cittadino, invita alla cautela: «Teniamo presente che il provvedimento ancora non è legge. Attendiamo che gli aspetti applicativi del ddl siano chiariti durante liter parlamentare».
Non si rischia un ingolfamento delle pratiche, visto il numero delle potenziali richieste?
«Le pratiche per lacquisizione dello status di cittadino italiano sono in capo alla prefettura, ma ciò non potrà che avere un impatto significativo sulle nostre strutture. Così come non possiamo escludere ulteriori deleghe allufficio anagrafe».
Come rispondere allora al carico di lavoro senza che questo crei disagi ai cittadini?
«Aspettiamo indicazioni utili a gestire laccesso ai nostri servizi prima dallAnci, poi dal governo: non potrà ignorarci, serviranno nuove risorse».
Ritiene che la riforma fosse davvero prioritaria?
«Al di là dei giudizi sullopportunità del provvedimento, il problema è che bisognerà affrontare le questioni legate allacquisizione del diritto di voto».
In che senso?
«Il possesso di un certificato di cittadinanza non vuol dire di per sé integrazione. Chi vive nel nostro Paese da troppo poco tempo ha per forza di cose una conoscenza limitata della realtà politica e sociale che lo circonda. Per ritenersi italiani a tutti gli effetti lo straniero dovrebbe superare una serie di test, come fanno negli Stati Uniti ad esempio, che accertino leffettiva conoscenza dei diritti e soprattutto dei doveri legati alla cittadinanza, oltre naturalmente alla lingua del Paese che li ospita. Il giuramento finale dovrebbe prevedere la promessa, autentica e sentita, di rispettare la Costituzione e le nostre leggi».
La sinistra vuole il voto amministrativo con la sola residenza...
«E no, su questo bisogna essere estremamente prudenti.
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