«Sarò costretto a chiudere lo Smeraldo»

«Lo Smeraldo? Tra poco lo chiudo». Gianmario Longoni, il patron del primo gruppo teatrale milanese, presenta la nuova stagione della storica sala come se fosse l’ultima. E il buonumore con cui annuncia un autunno caldo che vedrà tornare sul palco Massimo Ranieri, Beppe Grillo o gli acclamatissimi Legnanesi, subito si smorza quando si toccano le dolenti note. Ovvero il cantiere. Già, sempre quello che ha trasformato piazza XXV aprile in un orrido ground zero arrecando ormai da quattro anni danni a tutti: ai cittadini, agli esercenti della zona, ma soprattutto al teatro, che con duemila posti a sedere è il più grande d’Italia dopo gli Arcimboldi. In gergo giornalistico si potrebbe definire una «non notizia», visto che il cantiere della vergogna che circonda come un funesto bombardamento Porta Garibaldi fa ormai parte del paesaggio cittadino. In realtà la notizia è che l’ennesima promessa di conclusione dei lavori entro il settembre 2010 è andata ancora una volta in fumo con l’annuncio dell’ennesimo slittamento: forse, l’estate del 2011. «Ma ormai non ci crede più nessuno» dice Longoni che «grazie» a quel cantiere ha perso il 25 per cento degli spettatori ma anche molto di più. «Ho perso gli sponsor e gli affitti della sala alle aziende che permettevano al teatro, che non riceve alcun contributo pubblico, di restare in piedi».
Smeraldo e Ciak non ricevono finanziamenti, quasi un’eccezione in una città che vanta il maggior numero di convenzioni con gli enti teatrali.
«L’ho sempre considerato un vanto, a dimostrazione che ai famigerati tagli è possibile rispondere con criteri aziendali. La nostra programmazione, del resto, ha sempre avuto un’impronta popolare: musical, cabaret, danza, musica leggera, jazz. Non abbiamo mai preteso di fare cultura ma, in trent’anni di attività, non abbiamo mai chiesto niente a nessuno. Ma neppure ci aspettavamo di finire massacrati».
Perchè gli sponsor se ne sono andati?
«Come dargli torto? In quattro anni il teatro è stato letteralmente fagocitato dal cantiere e siamo stati perfino costretti a togliere il maxischermo luminoso che campeggiava sulla piazza. Così come sono andati a ramengo gli affitti della sala alle aziende, che ci fruttavano circa 18mila euro a serata».
Ma gli sponsor sono davvero fondamentali per un teatro?
«Certo che sì. Gli spettatori non bastano altrimenti i teatri non chiederebbero fondi allo Stato. Ora il paradosso è che un teatro pubblico come gli Arcimboldi che riceve finanziamenti dal Comune e dalla Regione ci fa concorrenza sul mercato privato con una programmazione pop».
Veramente pensa di chiudere lo Smeraldo?
«Temo che non mi resterà alternativa, anche perchè i lavori sono fermi, nel cantiere non vedo quasi mai operai e un’impresa ha già fallito. E pensare che sarebbe bastato fare come nei Paesi civili».
Cioè?
«Fare un cantiere “top down“. Ovvero si chiude il buco, consentendo alla piazza di continuare a vivere, e sotto si va avanti con i lavori che comunque, per un parcheggio, non dovrebbero superare l’anno. Ovvio che la situazione ha danneggiato tutta la zona che in questi decenni si è sviluppata anche grazie alla presenza dello Smeraldo. Mi riferisco soprattutto ai ristoranti che lavoravano sul dopoteatro e ai locali»
Beh, un parcheggio avrebbe fatto comodo a tutti, o no?
«Se fossero stati box forse sì, ma di un parcheggio sotterraneo a pagamento la zona non sentiva affatto il bisogno, e certamente non avrebbe attirato il pubblico della notte. Le faccio presente che nel quartiere esistono altri autosilos e non mi risulta affatto che lavorino molto...»
Al Ciak, altro teatro storico del gruppo, mi pare che le cose non vadano meglio. Dovrete restare nella tensostruttura alla Fabbrica del Vapore...
«Già, ma stavolta non accuso nessuno.

Il Comune per mano dell’assessore Alan Rizzi ci concede un’affitto del suolo agevolato che comunque ammonta a 142mila euro all’anno. L’affitto della tensostruttura ne costa 300mila più spese, e dobbiamo ringraziare Webank se riusciamo a resistere. Il nuovo teatro alla Bovisa, forse, sarà pronto nel 2013. Speriamo di esserci ancora».

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