Sarkozy: lascerò la politica. Ma nessuno gli crede

Il presidente francese si dilunga sulla futura «dolce vita» accanto alla moglie Carla Bruni. Sono però troppi gli esempi di mancati Cincinnato tra i grandi del mondo. E Nicolas, in privato, si dice tentato da un secondo mandato all’Eliseo . Bush oggi è più popolare di Obama, Blair imperversa e Aznar attende chiamate

Sarkozy: lascerò la politica. Ma nessuno gli crede

I sondaggi non sono mol­to incoraggianti, ma ormai do­po la battagliera dichiarazio­ne della socialista Segolene Royal la gara per l’Eliseo 2012 è aperta e bisogna sbilanciar­si. Così Nicolas Sarkozy, per la prima volta, ha detto davan­ti a una trentina di parlamen­tari del suo partito di conside­rare seriamente una sua ri­candidatura al vertice politi­co della Francia. Appena qualche settimana fa, aveva dichiarato che avrebbe preso una decisione in tal senso so­lo tra un anno. «Io, lo sapete, posso stare qui solo per due mandati. Do­po, sarà la dolce vita - ha detto ai suoi fedeli monsieur le presi­dent riferendosi al suo futuro con l’invidiata consorte italia­na Carla Bruni - , c’è un’altra vita dopo l’Eliseo, bisognerà pensare a fare qualcos’altro». Dunque Sarkozy cercherà di giocarsi la sua sfida, oltre­tutto partendo con un severo handicap. Ma forse ciò che più incuriosisce nella sua di­chiarazione è la seconda par­te, quell’intenzione di lasciar­si alle spalle la politica quan­do il portone dell’Eliseo si sa­rà chiuso per lui. Perché quel­la di trasformarsi in tanti Cin­cinnato è un’intenzione che tutti i grandi del mondo an­nunciano prima che i loro mandati si concludano, salvo poi tornare sui loro passi quando è il momento di met­terla in pratica. Qualche esempio può esse­re illuminante. Prendiamo George Bush figlio, uno dei presidente americani che hanno concluso la loro espe­rienza alla Casa Bianca con l’indice di popolarità più bas­so. La sua uscita di scena nel gennaio 2009 somigliava a una fuga verso un nascondi­glio: la sua criticata gestione della guerra al terrorismo lo condannava a farsi al più pre­sto dimenticare, la saturazio­ne degli americani per un to­ta­le di dodici anni della sua fa­miglia al vertice dello Stato an­che. Il tutto mentre emergeva trionfalmente l’Uomo Nuo­vo, quel Barack Obama che pareva destinato a cambiare l’America. Così George il gio­vane scomparve nel suo ran­ch texano, si dedicò con di­screzione alla scrittura delle sue memorie (che hanno ven­duto oltre due milioni di co­pie) e limitò al minimo le sue apparizioni pubbliche. Fu il tempo a lavorare per lui, se è vero come è vero che oggi (evi­dentemente alla memoria) la sua amministrazione gode presso gli americani di un in­dice di gradimento superiore a quella attuale di Obama. Al­la Casa Bianca non potrà tor­nare, ma un ruolo di king­maker ( alla famiglia Bush pia­c­e molto Mitt Romney e nean­che un po’ la pasionaria Sa­rah Palin) sembra probabile. Vogliamo parlare di Tony Blair? Premier britannico per un intenso decennio, ha la­sciato la politica nel giugno 2007, a 54 anni. Proprio lascia­ta? Giudicate voi. Da allora svolge l’incarico di inviato in Medio Oriente per il Quartet­to (Onu, Stati Uniti, Europa e Russia), ha creato la Fonda­zione per la Fede che porta il suo nome e che si batte per il dialogo tra i diversi credi reli­giosi e gira il mondo tenendo assai ben remunerate confe­renze. Dimostrando che do­po il ritiro dalla politica, di po­li­tica si può vivere ancora e be­nissimo. Josè Maria Aznar, infine.

L’ex premier spagnolo,popo­larissimo fino al marzo 2004 quando gli attentati islamici gli fecero perdere elezioni già vinte, è da allora un pensiona­to della politica in surplace. Non ancora sessantenne, at­tende sornione che qualcuno venga a pregarlo di guidare il partito popolare alla riscossa. Vista la carenza di carisma dell’attuale leader Mariano Rajoy, non è escluso che acca­da.

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