D iciamoci la verità, il fatto in sé è (quasi) insussistente. La vecchia, forse ormai bolsa polemica politico-culturale sull'«icona farlocca» Saviano, sulla sua reale incidenza nella lotta alla camorra, su come possa essere diventato, in virtù anche (soprattutto) delle fortune cinematografico-televisive del suo Gomorra, una sorta di «Madonna di Pompei». Tesi sostenuta ancora l'altro giorno - in un intervento un po' sgangherato alla brillante trasmissione radiofonica Un giorno da pecora - dal senatore verdiniano D'Anna.
Senonché, si dà il caso che il senatore in questione provenga dalle stesse, martoriate aree del Casertano, e abbia parlato in evidente overdose da campagna elettorale, sbagliando sia il bersaglio di partenza, la senatrice Rosaria Capacchione, sia il punto d'arrivo, «io a quei due gli toglierei la scorta». Anche perché, argomenta l'azzurro Nitto Palma, non solo la Capacchione «ha profuso un impegno non parolaio sulla lotta alle mafie», ma lo stesso D'Anna «avrebbe ben potuto, essendo non più clandestino l'ingresso in maggioranza del suo gruppo, rivolgersi al ministro della sua maggioranza, quello dell'Interno, per chiedere conto e ragione delle misure di sicurezza». Il risultato è invece l'ennesimo corto circuito di un mostro dalle svariate teste. Una delle quali sarà senz'altro la camorra, che è bene mai sottovalutare come avverte la Capacchione quando lamenta di trovare «molto gravi le parole di D'Anna perché proveniamo dallo stesso territorio e lui sa qual è il peso di certe parole in certi ambienti». Ma essendo poi l'altra testa mostruosa costituita dall'innaturale alleanza tra Ala e Renzi, così che la tempesta si abbatte sui verdiniani, con il Pd in rivolta, il ministro Alfano costretto a chiarire che «la scorta a Saviano non è in discussione» e il guardasigilli Orlando tutto teso a voler chiudere una polemica, «perché altrimenti passa l'idea che il sistema delle scorte sia sottoposto a dibattito». Mentre non influirà, dice, neppure sul voto delle riforme. Ai ripari corre anche Verdini, che ieri ha fatto recapitare alla senatrice Capacchione un bel mazzo di orchidee per scusarsi a nome di D'Anna e proprio: «Sono stato tratto in inganno - le dice Verdini a proposito di una sua intervista fraintesa - volevo scusarmi con te sinceramente. Non era mia intenzione offenderti».
Pace fatta, allora? Se tra Verdini e Capacchione probabilmente sì, con D'Anna sicuramente no. Ma il dito nella piaga lo mette ancora Saviano, con la fatwa lanciata via Facebook. «Il senatore D'Anna, dannoso scherano di Verdini, renziano e cosentiniano insieme, impone a me di rinunciare alla scorta. A me che non vedo l'ora di tornare libero. Sono questi gli alleati di Renzi a Roma e della Valente a Napoli? Buona fortuna. E vergogna». Nel frattempo, se D'Anna parla di «frasi estrapolate» e Ala prende le distanze, pur denunciando un uso strumentale della vicenda, l'imbarazzo del Pd è palpabile.
La minoranza attacca con Speranza («Il Pd è incompatibile con chi deride Saviano»), mentre i senatori Fornaro, Gatti, Pegorer e Borioli denunciano il pesante «problema politico di un'alleanza che tradisce i valori fondativi del Pd». O più semplicemente, sintetizza Gotor, «è il prezzo che il Pd paga se si fa scortare da D'Anna e Verdini». Chi di scorta ferisce, di scorta perisce.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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