Scala, un’Accademia «europea»

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A furia di dire che Eric Bibb è uno dei giovani che hanno rinnovato il blues, l’artista di New York è arrivato a 56 anni ed è sempre pieno di entusiasmo, di voglia di esplorare alle radici della musica nera. «Viviamo in una situazione diversa da quella dei primi del Novecento - dice Bibb - e la mia esperienza personale è legata a diversi generi musicali, però rivendico la mia identità di bluesman». Lui parte dall’autostrada del blues per soffermarsi qui e là a fare il pieno di ballate country, di accenti soul, di afflati gospel, di scintillii jazz, persino di sofisticati ritmi reggae. I suoni acustici diventano magia attraverso lo spessore realistico delle sue ballate, che ci faranno compagnia domani sera all’Idroscalo nella rassegna Blues in Idro.
Figlio d’arte (con papà Leon, eclettico artista folk, ha inciso lo stupendo album Family Affair e lo zio, John Lewis, era l’anima creativa del Modern Jazz Quartet) lascia l’università per seguire il richiamo della strada e le tracce di Charley Patton e Son House. «Insieme a loro c’è l’influenza di mio padre, che mi ha insegnato ad usare la ballata acustica per raccontare storie di vita. Lui è ancora seguitissimo al Greenwich Village, una specie di mito. Mio zio John Lewis ha dato una dimensione internazionale alla mia musica. È stato uno dei più grandi improvvisatori, un intellettuale che mi ha fatto capire che i brani hanno uno spirito popolare anche quando sono complessi armonicamente e si agganciano alle più diverse culture». Nei suoi album c’è un richiamo universale alla semplicità, una grande sensibilità del canto a tratti modulata dalla ruvidezza del blues. In America oggi è un eroe, ma non è sempre stato così. «Il blues in America subisce strane trasformazioni. Molta gente di colore lo snobba perché ricorda loro brutti momenti, altri non lo capiscono o lo vogliono rinnovare a tutti i costi. Paradossalmente in Europa si ama di più il vero blues, o meglio lo si capisce. Io ad esempio ho sfondato in Svezia. Anche in Italia oggi ho molto seguito. Certo da voi non vendo molti dischi ma i concerti sono sempre pieni». Tra i suoi dischi recenti - che escono a ritmo serrato - vanno citati almeno A Ship Called Love (nomination come disco blues dell’anno al Blues Music Awards 2006) e il recente Diamond Days. «Ma c’è anche un album gospel - sottolinea Eric -, Gates to the City, uscito su Internet ma che presto verrà pubblicato in tutto il mondo». È un musicista che guarda al passato per vivere il presente e pianificare il futuro: «Ma non è merito mio, lo facevano anche Mississippi John Hurt e Robert Johnson negli anni Trenta, perché suonavano blues e al tempo stesso erano entertainment e anticipatori del rock and roll». Quel rock da cui Bibb, anche da giovane, s’è sempre tenuto lontano.

«Ha una potenza e un’energia formidabile, però non tutti sono Chuck Berry o Bruce Springsteen e in giro si abusa un po’ troppo spesso del rock».
Eric Bibb
Domani, h 21,45
Idroscalo, La Villetta
ingresso libero
(per info 0277406370)

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