Cronaca locale

Alla Scala prima delle prime con Donizetti

Martedì al Ridotto dei Palchi l'«Elisir d'amore» con la musicologa Franca Cella

Martedì alla Scala per il dodicesimo incontro della «Prima delle prime», riflettori su «L'elisir d'amore» di Gaetano Donizetti (libretto di Felice Romani). Franca Cella, musicologa, Premio Donizetti 2010, ne parlerà nell'incontro «Allegro con sentimento» con ascolti e proiezioni.
Scritto per Milano nel 1832, il melodramma giocoso fu accolto con successo elettrizzante. Nuovo il soggetto (di Scribe-Auber, rappresentato a Parigi l'anno prima); ideale il librettista per offrire naturalezza e sintesi di tradizione e recente cultura, linguaggio nitido e raffinato; pronto il compositore a spingere la commedia stilizzata verso un piano di concretezza autentica, verso spazi di verità sentimentale. Dell'opera comica Donizetti mantiene i tempi perfetti. Mantiene i luoghi tipici, ma l'orchestra li porta en plein air, e sfonda la campagna in paesaggio e la piazza in paese, in concretezza lombarda di facce e reazioni del Coro. I personaggi entrano uno dopo l'altro con cavatine di presentazione, tipi riconoscibili ma subito persone: l'amoroso timido e ingenuo, la ragazza ricca e civettuola che legge la mitica storia d'Isotta e del filtro amoroso, il militare conquistacuori. Donizetti entra fulmineo in quelle testoline e tesse reazioni, psicologie, confidenze d'amore mirabili. Culmine della sua suprema disinvoltura creativa, dopo anni di pratica d'opera buffa a Napoli, è l'arrivo del Dottor Dulcamara, imbonitore di tradizione teatrale rivisitato a ogni strofa con guizzar di ritmi sui gesti, meccanismi e strategie di perorazione e seduzione della gente. Nemorino sperimenta l'effetto Elisir. Ma l'ordine improvviso di partenza ai militari rompe le attese. Al dubbio che Adina sposi subito Belcore, Nemorino osa una confessione di struggente melodia ("Adina credimi"). La festa nuziale si annuncia con una canzonetta popolare, metafora del lieto fine. Ma l'urgenza incalza, e Nemorino si trasforma in piccolo eroe elegiaco nel duetto con Belcore che lo arruola. La notizia della sua eredità si sparge nel paese in un Coro di donne curiose sussurrato e sillabato e quando il ragazzo arriva, ebbro di vino creduto Elisir e ignaro, le ragazze lo corteggiano, il ballo in orchestra si fa travolgente e lo rapisce. Più perspicace del Dottore, che offre anche a lei il magico filtro, Adina capisce la verità. Nemorino, ormai capace di esprimere il suo delicato e celestiale amore, s'illude d'aver visto "una furtiva lacrima" nei suoi occhi e spera. E lei appare, lo riscatta dal contratto, e altro non dice.

Disperato il tenore di grazia si rivolta in scatto di furia eroica ("Poiché non sono amato/voglio morir soldato") e la ragazza intenerita gli dichiara amore, mentre gli altri si congedano: Belcore rassegnato e Dulcamara affettuosamente paterno ma sempre imbonitore del misterioso Elisir.

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