Scala, la lettera di Rutelli finisce nel cestino

Anche Sgarbi dalla parte dei sindacati. Lunedì vertice a Roma

Scala, la lettera di Rutelli finisce nel cestino

Uno scontro nello scontro. Mentre i sindacati bocciano la lettera di Francesco Rutelli, la vicenda della Scala si arricchisce di un nuovo atto, con l’ira di Letizia Moratti sul suo assessore Vittorio Sgarbi, colpevole di azione di disturbo della trattativa tra gli orchestrali e il vicepremier. «È una soluzione non particolarmente risolutiva» attacca Sgarbi, in piena sintonia con i sindacati che usano toni e parole assai simili. Ed ecco il sindaco fare il pompiere. In un comunicato la Moratti conferma «la totale fiducia nell’operato del sovrintendente Stéphan Lissner» e il proprio «pieno apprezzamento per la preziosa azione svolta in questi giorni» da Rutelli. «Sgarbi non ha alcuna delega ai rapporti con la Scala» recitava anche la nota, ma questa parte più tardi è stata ritrattata dal Comune.
Si avvicina il 7 dicembre e non diminuisce il rischio di sciopero incombente sulla Prima, perché la lettera scritta da Rutelli ai sindacati e ai sovrintendenti italiani non convince: secondo i rappresentanti dei musicisti le garanzie non sono sufficienti, soprattutto perché le trattative per il contratto integrativo con la Scala partirebbero a gennaio, cioè molto dopo Sant’Ambrogio, disinnescando l’arma principale in mano ai lavoratori della Scala e cioè appunto la minaccia di far saltare Tristan und Isolde, lasciando senz’opera anche i capi di Stato invitati per l’occasione. Situazione grave di per sé, gravissima in vista dell’assegnazione dell’Expo 2015.
«Quella proposta da Rutelli non è una soluzione. La gente qui alla Scala è arrabbiata» tuona Sandro Malatesta del Fials, il sindacato autonomo che riunisce buona parte degli orchestrali e che ha respinto al mittente la richiesta di Rutelli di revocare lo stato di agitazione. La tensione è alta e, anche se in molti pensano che gli orchestrali non arriveranno a scatenare lo sciopero della Prima, il pensiero corre alle assemblee e ai blocchi che sfiduciarono il maestro Riccardo Muti costrinsero i vertici della Fondazione a sostituirlo.
Sembrava impossibile eppure è accaduto. E anche adesso l’indignazione è forte, soprattutto per le mosse romane che sembrano togliere libertà alla Scala. Oggi i sindacati interni del Teatro alla Scala si troveranno per discutere della lettera inviata ieri dal ministro, ma Malatesta non ha intenzione di fare da paciere: «Andrò a dire quello che pensano i lavoratori. Qui la produttività è già aumentata e Rutelli con la sua lettera ha addirittura complicato le cose: i problemi di Milano si risolvono a Milano e se la direzione non lo capisce, sbaglia». Battaglieri anche i confederali.

«La lettera non sblocca la situazione» dice Domenico Dentoni della Uil e insiste sulle due richieste fondamentali: modifica della legge Asciutti e contrattazione aziendale da subito.
Lunedì a Roma si riuniranno i vertici nazionali dei sindacati, ma il rischio che il Piermarini insista per una soluzione ad hoc, sganciata dal resto delle fondazioni liriche, è alto.

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