SCALFARO

Fabrizio de Feo

da Roma

Il suo ruolo odierno è quello del grande crociato della Costituzione italiana. Un custode della Carta disposto, a 88 anni, a battersi contro il progetto di riforma votato dal centrodestra attraverso una frenetica attività di comizi tenuti in tutta Italia. Oscar Luigi Scalfaro, presidente del Comitato «Salviamo la Costituzione», ha le idee chiare: il testo costituzionale «è vivo e attuale. Dobbiamo proclamare con il referendum il nostro no assoluto alle modifiche». Una granitica certezza ribadita in ogni occasione utile. Eppure non sempre il principio di «intoccabilità» della nostra Carta costituzionale aveva dimorato nella mente del grande regista del ribaltone del primo governo Berlusconi.
Era il 29 maggio 1992 quando Oscar Luigi Scalfaro teneva, di fronte alle Camere riunite, il suo discorso di insediamento. Un messaggio non proprio conciso - resta a tutt’oggi il più lungo della storia repubblicana con i suoi 45 minuti - in cui il politico democristiano lanciava un «rispettoso ma fermo invito» al Parlamento affinché procedesse «alla nomina di una Commissione Bicamerale con il compito di una globale e organica revisione della Carta Costituzionale».
Lo Scalfaro «riformista» si muoveva su un territorio mille miglia lontano dal fronte della conservazione a oltranza su cui si è attestato oggi. «Sono uno dei pochissimi rimasti in Parlamento di quei 555 che votarono la Carta costituzionale, Carta che nella parte della proclamazione dei diritti dell’uomo è quanto di più alto e completo potesse essere scritto a fondamento della vita operosa di tutto il popolo italiano» ricordava Scalfaro nelle prime battute del suo discorso. «Ma gravi problemi incombono» e bisogna che «ciascun partito sappia rinunziare a qualche propria utilità per rivolgere pensiero, volontà politica e amore al servizio e al bene comune. Non sono di aiuto né una rigida e inflessibile visione che non accetta confronti - non parlo certo dei principi essenziali - né la mancata disponibilità a qualche sacrificio, a pagare qualcosa».
Il neo-presidente, dopo aver toccato altri temi, tornava all’attacco su una battaglia evidentemente da lui considerata fondamentale. «Le riforme costituzionali sono un tema vitale per la nostra democrazia. Tutti i partiti sostengono la necessità delle riforme. Ora non è più consentito attardarsi in disquisizioni anche eleganti ma altrettanto inconcludenti. Delle proposte sono state seriamente studiate, elaborate, sottoposte al vaglio del Parlamento ma tutto è rimasto fermo. Di fronte a tale situazione occorre volontà politica determinata ed efficace e serietà di intenti. Per questo rivolgo un rispettoso ma fermo invito al Parlamento perché proceda alla nomina di una Commissione bicamerale con il compito di una globale e organica revisione della Carta nell’articolazione delle diverse istituzioni. Una Commissione comprendente tutte le forze politiche che abbia saggezza e coraggio per discernere ciò che è vivo e vitale da ciò che richiede nuove impostazioni e soluzioni o anche soltanto correzioni».

Un imperativo di cui, evidentemente, a 14 anni di distanza, Oscar Luigi Scalfaro non avverte più l’esigenza. Ma forse una riforma che introduce severe norme anti-ribaltone è davvero troppo per l’ex Capo dello Stato. E non può che far scattare in lui un altro sdegnato: «Non ci sto».

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