Scappare dal caldo rifugiandosi negli hotel di lusso

Dai cocktail del Park Hyatt agli spaghetti al pomodoro del Bulgari, guida alla città del relax con stile

Scappare dal caldo rifugiandosi negli hotel di lusso

Milano è una città che si svuota facilmente a ogni fine-settimana, ponte o vacanza canonica. Però è anche vero che c’è chi adora rimanere in città per scelta e non per necessità, restarvi perché Milano mezza vuota diventa finalmente bella e vivibilissima. Meno ressa, meno traffico e ben più piacere.
Gettonatissimi i grandi alberghi che hanno spazi e tempo per il relax impensabili per un normale ristorante. Sono una splendida sicurezza il bar e il giardino dell’hotel Diana quasi in piazza Oberdan; affascinano i saloni del Principe di Savoia in piazza della Repubblica dove l’Acanto, come del resto il vicino di casa, il Bolognese, è una calamita per i vip e i relativi gossip; strega il bar, entrando sulla sinistra, del Four Seasons in via Gesù e assicurano buone sensazioni i due ristoranti, la Veranda più informale e il Teatro dai toni più riccamente per guormet. Così al Park Hyatt accanto alla galleria Vittorio Emanuele, con un barman, Francesco Pierluigi, capace di deliziarti con una decina di Bloody Mary diversi per passare poi al The Park, il ristorante dove si fa in quattro lo chef Filippo Gozzoli con piatti che stupiscono per una solida fantasia come il 7 luglio quando proporrà un menù di frattaglie di mare e di terra in piena estate.
Ma probabilmente l’oasi più oasi la troviamo in via Fratelli Gabba, che va un cercata con pazienza tra Brera e via Manzoni. A ridosso dell’orto botanico, ecco l’hotel Bulgari con un giardino che è garanzia di riposo. Lo si vede bene dal ristorante-bar attraverso una vetrata che divide un ambiente dominato dal nero dall’esterno tutto verde. Come i tutti gli altri posti, anche qui siamo in una struttura lusso, belle auto e ancora più belle donne. E vi si mangia pure bene, bene anche per i gourmet. Dall’apertura ecco lo chef Elio Sironi, un passato al sole della Costa Smeralda e una ormai significativa militanza meneghina. Quando arrivò presentò una carta ispirata alla Nueva Cocina spagnola, ma dopo tre o quattro giorni avvisò il direttore che faticava a essere capita da clienti che a tavola al Bulgari - ma lo si potrebbe dire anche dei locali citati prima - chiedono anche di essere rassicurati, e non solo nutriti con gusto e con brio. Detto e fatto, Sironi tirò il freno, cambiò registro e inserì alcune squisitezze che non può più togliere come la Tartara di tonno rosso e gli Spaghetti al pomodoro e basilico con buccia di limone e formaggio di capra, dei quali ci si può letteralmente innamorare al punto che la cucina, operativa 24 ore su 24 tra ristorante, giardino e servizio in camera, li prepara a qualsiasi ora del giorno e anche della notte.
Per gli stranieri, tutti, è sinonimo di Italia in tavola e per gli italiani una conferma delle loro radici. Non è affatto vero che è facile fare due spaghi pomodorosi come si deve, altrimenti non si capisce perché, nonostante piacciano a tutti, non c’è popolo oltre al nostro che li abbia adottati.

I trucchi di Sironi? La pasta viene cotta “alla gengiva” ovvero un minuto in meno rispetto al “dente”, nel sugo aggiunge una grattata di scorzetta di limone e il formaggio fresco di capra viene passato per alcuni minuti in forno a vapore, quindi lavorato con la frusta perché incorpori aria e monti con gusto.

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