Turbativa d’asta: è questa l’ipotesi di reato cui la Procura sta lavorando nell’inchiesta sulla cessione al fondo F2i del 29% di Sea da parte del Comune di Milano. Ma la genesi della prima inchiesta aperta dalla magistratura sulla giunta di Giuliano Pisapia è ancora non chiarissima. L’Espresso, che ha rivelato l’esistenza del fascicolo, parla di «ritardi investigativi inspiegabili», una sorta di insabbiamento. E sullo sfondo si intuiscono fratture all’interno della stessa Procura sulla gestione del fascicolo.
Non è chiaro neanche quando arrivi in Procura la lettera della Procura di Firenze con l’intercettazione tra Gamberale e il misterioso personaggio che gli dà garanzie sull’appalto. L’Espresso parla di ottobre, in Procura si dice all’inizio di dicembre. La differenza è decisiva: perché in mezzo alle due date c’è quella del 15 novembre, quando il Consiglio Comunale vara la delibera sulla Sea. Se davvero l’intercettazione fosse arrivata a Milano in ottobre, ci sarebbe stato tutto il tempo per verificare, magari con un po’ di microspie piazzate a Palazzo Marino, cosa stava davvero accadendo intorno al business degli aeroporti milanesi.
Invece la pratica viene trattata in modo soft. Il primo che si vede arrivare le carte sul tavolo è Francesco Greco, procuratore aggiunto, capo del pool reati finanziari, che le affida al più esperto dei suoi sostituti, Eugenio Fusco, e dispone che venga iscritto un fascicolo esplorativo, nel cosiddetto «modello 45», «atti che non costituiscono notizia di reato». Ma poco dopo Fusco e Greco si rendono conto che se lì dentro c’è un reato è una turbativa d’asta, che è di competenza di un altro pool, quello per i reati contro la pubblica amministrazione, guidato da Alfredo Robledo, E quindi passano tutto al capo della Procura, Edmondo Bruti Liberati (nella foto), perché provveda a assegnarlo a chi di dovere.
Cosa accada a quel punto non è chiaro. A Robledo il fascicolo non arriva mai: lui stesso lo dichiara all’Espresso, «io il fascicolo Sea non ce l’ho».
LF
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