«Scarpe a colori? Merito del calcio»

Le scarpe a colori di Balotelli hanno rivoluzionato il mondo del calcio quanto la minigonna di Mary Quant quello della moda. Gialle in campo e viola fuori.
Un po' di invidia? «Assolutamente no. Ai miei tempi sarebbe stato impossibile anche solo immaginarle».
Noi donne, per riprendere Mary Quant, negli anni Settanta-Ottanta le gonne le portavamo ancora sotto il ginocchio e allora per un calciatore significava che le scarpe erano solo nere e solo di pelle. Se la scarpa dava buone prestazioni questo bastava.
Claudio Gentile, classe 1953, ex juventino - l'avvocato Agnelli lo chiamava con affetto Tripolino - campione del mondo con l'Italia nel 1982 e oggi tra i 10 calciatori del passato più amati dagli italiani, di scarpe e scarpette sportive ne sa davvero molto, anche perché quando cambiava modello da un anno all'altro…
«Alt, la fermo subito. Noi non cambiavamo nessun modello, cambiavano le scarpe perché giocando si rovinavano, ma erano sempre uguali si assomigliavano tutte, anche se erano di marche diverse. Io sono passato dalle Adidas alle Puma alle Nike. Mi piacevano le Valsport, belle scarpe di grande qualità e completamente italiane».
Belle perché l'hanno aiutata a marcare meglio gli avversari?
«Forse, ma mi lasci dire che quando non c'è la stoffa non c'è scarpetta che tenga».
Le credo. Ma a un certo punto ci sarà stata un'evoluzione?
«Sì, ci sono stati dei miglioramenti tecnici obiettivi: la prima rivoluzione ha riguardato i tacchetti».
Gialli? Scherzo naturalmente...
«No, era una questione di forma, da tondi sono diventati quadrati».
Caspita, che cambiamento!
«Lei scherza, ma fu un grosso passo in avanti, perché aderivano meglio al terreno».
Ma al colore quando ci arriviamo?
«Bisogna aspettare i primi anni Novanta, quando le ditte produttrici hanno cominciato a proporre varianti di colore tra cui poter scegliere. Il bianco, il rosso e l'azzurro».
Da dove nasceva questa decisione?
«Dal marketing naturalmente. Le grandi case produttrici hanno capito che facendo così riuscivano a vendere ai fans molte più paia di scarpe. È stata una mossa azzeccata».
Ogni ragazzo voleva quelle del colore del suo campione, che cambiava di anno in anno.
«Certo. Ai miei tempi invece era impossibile distinguerle».
Varietà e volubilità, il business della moda alla fine ha conquistato il mondo delle divise e delle scarpe sportive!
«Per forza, se vuoi vendere di più ti devi inventare qualcosa che spinga a comprare il nuovo modello anche se quello vecchio non è ancora da buttare».
Ecco trasformate le scarpe da calcio in veri e propri must anche per i tifosi più pigri.
«E perchè rimangano dei must bisogna saper proporre sempre delle novità, andare oltre».
Per esempio?
«Per esempio non basta più che il fan possa avere le stesse scarpe indossate dal proprio campione, adesso si possono comprare maglietta e scarpa, una linea completa, firmate dal calciatore famoso con il suo nome. Come hanno fatto Ronaldinho o Messi».
Quale sarà la prossima trovata?
«Non riesco a immaginarlo. Ma posso aggiungere una cosa?».
Prego.
«Nella scarpa c'è un altro fattore importante per gli sportivi, oltre a quello tecnico».
Quale?
«La scarpa può diventare un portafortuna.

Noi avevamo tre tipi di scarpa per ogni tacchetto, a seconda del terreno di gioco e quando con un paio di quelle facevi gol o giocavi una bella partita non te la levavi più».
Ecco allora spiegato perché Balotelli è rimasto in panchina durante la partita Italia-Far Oer alle ultime qualificazioni Euro 2012: forse si era messo le scarpe sbagliate...

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