Al posto della culla una scatola da scarpe imbottita d'ovatta. Quasi un'incubatrice casareccia  per quello scricciolo di bambina  nata a  solo otto mesi.
  A Nenella Impiglia il destino ha subito indicato la strada. E quella che sembra una favola è  solo l'inizio della vita di un'imprenditrice marchigiana di successo. Nel campo delle calzature,  naturalmente.
 Vestire i piedi per lei è qualcosa che, al di là degli affari, ha molto a che fare con la moda,  ma soprattutto con la sua terra.
  Perchè i piedi, scrive Nenella,   «simboleggiano le nostre radici e quindi il rapporto con la  realtà, l'espressione del nostro muoverci nella vita». 
 Lo scrive nel suo primo libro, «La scarpetta nel piatto» (Éthos edizioni), per raccontare con  grazia e originalità  della sua vita e del suo lavoro, della creazione delle scarpe e di  tradizioni  delle Marche, a incominciare da quella culinaria.L'altra tipica di questa regione,  si sa, è quella calzaturiera.
   Un mix strano di fashion ed eno-gastronomia, costume e storia, esperienza e mito, che indaga  sul significato di un piatto prelibato come di una mise dall'eleganza perfetta, che scava in una  ricetta come nell'origine di una calzatura e di un abito.
 «Moda e cucina: due universi che si sfiorano, si toccano e talvolta si intersecano. É la  passione e la creatività che muovono entrambi...Il cibo, al pari di un abito, assume significati  sociali, culturali, simbolici», scrive Nenella nel libro.
 Ecco che allora si può parlare insieme di tacchi e di lasagne, trovando un antico legame che va   oltre gli uni e le altre.
   I primi, per qualcuno furono indossati la prima volta dal sultano turco Tamerlano, per  nascondere l'andatura claudicante e per qualche altro furono inaugurati da Monna Lisa, perchè  Leonardo voleva la sua figura più slanciata e sensuale. 
  Le seconde, quelle grosse e rettangolari che chiamano «vincesgrassi», sono il piatto-bandiera  della cucina marchigiana. Sarebbero state battezzate così nel 1799 da un capitano austriaco poco  avvezzo all'italiano,  che compatteva nella regione le truppe di Napoleone. Il principe  Windisch-Graetz ne fu tanto entusiasta da storpiarne per sempre il nome.
 Raccontando della storia antica insieme alla vita nella sua grande famiglia dominata dalle  donne, Nenella riporta alla luce i consigli di nonna Cesira nella preparazione dei piatti, le  indicazioni  per la tavola da apparecchiare, i suggerimenti  per il vestito nero e «svolazzante»  da indossare  per la prima cena con quello che diventerà suo marito.
 Con lui, Renato Curzi, inizierà l'avventura nel mondo dell'industria calzaturiera in cui  entreranno anche le figlie Silvia e Valentina, fino alla creazione di brands oggi famosi come  Akethon, Vic Matiè, Oxs. 
 «Moda e cucina - spiega Nenella- rivivono ogni giorno nell'Antica Fornace, la ex fabbrica di  mattoni che, con l'azienda di famiglia, abbiamo ristrutturato e restituito al territorio,  trasformandola in contenitore di idee, ove assaporare anche i piatti della tradizione  marchigiana».
 Si potrebbe dire che anche questo libro si divora in un boccone, tanto è ricco di aneddoti,   superstizioni, consigli, storie strane e curiose. 
 Tanto è pieno di autentica emozione per la propria terra d'origine. 
 L'espressione scelta come titolo è particolarmente efficace, perchè unisce i due universi in cui  all'autrice piace vivere.
 Per «fare la scarpetta nel pietto», ci vuole entusiamo e gioia di vivere, buon gusto e una sana  voracità che può diventare impulso creativo.
Con uno sguardo deciso e anticonvenzionale verso le tendenze future e un po' di nostalgia per quel che vogliono dire le vecchie ricette della nonna. Raccolte dalla mamma su un quaderno a quadretti e pubblicate oggi dalla nipote, sono un omaggio alla tradizione su cui poggiano le scarpe del domani.