GLI SCIMMIOTTATORI DEL CAVALIERE

È già finita l’invasione dell’Ultracorpo, Silvio Berlusconi è già un dettaglio del paesaggio televisivo. C’è Fausto Bertinotti che ieri sera a «Otto e mezzo» l’ha messa addirittura così: «Il problema della presenza di Berlusconi in tv è irrilevante». La gente può rientrare nelle proprie case, laddove il Grande Fratello dapprima ci aveva allarmato e ora invece ci sta presentando tutta la famiglia: Francesco Rutelli, lo stesso Bertinotti, Antonio Di Pietro che ha preso torte in faccia al Bagaglino, un sacco di gente, in sostanza tutti i politici che da qui al 9 aprile cercheranno di andare in televisione semplicemente tutte le volte che possono. Bertinotti a «Porta a Porta» aveva incontrato proprio Berlusconi, Bertinotti parlava a «Otto e mezzo» dove una settimana prima c’era stato Berlusconi e la sera prima Rutelli, che poi era passato da Biscardi esattamente come Berlusconi. Tutto stranoto, ma andava messo agli atti.
L¹Ultracorpo ha tracciato il solco e poi tutti dietro, come quel Piero Fassino che ieri ha proposto un «Patto con gli italiani» affinché i propri elettori possano verificare le promesse elettorali. La differenza tra il Patto e il famoso Contratto con gli italiani non è evidente: senonché il Patto giunge cinque anni dopo, l’idea del Contratto era stata sbeffeggiata per altrettanti, e Fassino, il Patto, potrebbe firmarlo a «Ballarò» anziché a «Porta a Porta». Non si tratta di fare gli spiritosi: in questi giorni stiamo vedendo manifesti diessini addirittura sulla famiglia, altri che accennano a promesse di posti di lavoro, sappiamo che l’eleganza azzimata e la cipria sono ormai regole anche a sinistra, laddove non si proferisce parola senza aver prima consultato il sondaggista di fiducia o qualche esperto statunitense da cento dollari al minuto. Sappiamo, dal 1994, che Silvio Berlusconi viene regolarmente sfottuto per le stesse modalità di comunicazione che tutti sono poi costretti a emulare. La differenza è che la sinistra ha ristretto i tempi della differita, l’eco della risata si accorcia ogni volta, la propaganda si modernizza come una coop che si fa banca: sicché mancheranno versioni alternative degli orpelli berlusconiani, direttive materiali come quelle che Berlusconi ha creato nel tentativo di lasciare al caso il meno possibile.
È solo una questione di tempo e anche a sinistra avranno coccarde e gagliardetti in perfetto stile yankee (che è lo stile che Berlusconi plagia, aggiungendovi fantasia) anche se per consigliare il taglio di barbe e baffi, probabilmente, ci sarà da attendere: la diversità ha i suoi tempi, ma chissà lo shock culturale di quanti, già oggi, dovessero scoprire che l’arrangiatore dell’inno di Forza Italia è lo stesso Renato Serio che ha musicato «La Donna cannone» di Francesco De Gregori, inossidabile mito della sinistra veltroniana. Poi, ecco, c’è Prodi: un uomo evidentemente convinto che i futuri scenari della comunicazione guardino a tutt’oggi più a Reggio Emilia che agli Usa, convinto ossia di poter ancora lavorare per sottrazione, occuparsi di pullman, di maratone, telefonare alle radio, disdegnare l’agone televisivo o, al limite, come in questi giorni, abbracciarlo con inopinabile irrilevanza: tanto da mettere in difficoltà i giornalisti incaricati di cavarne un titolo, una notizia.


Nessuno può giurare che Prodi abbia torto sulla breve distanza, ma nessuno al tempo stesso può ignorare che il Paese va comunque da un'altra parte: laddove, pure, altri futuri leader del centrosinistra forse un giorno l’attenderanno. Frattanto, come detto, il solco è altri a tracciarlo.

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