Scola: «Danni dalla scienza quando perde di vista l’uomo»

«I risultati talora strabilianti dell’odierna “tecno-scienza“ - penso al campo della biologia, delle neuroscienze, dell’origine e dell’evoluzione del cosmo - se non nascono sul terreno fertile della testimonianza, se perdono di vista la persona e le sue relazioni, possono recare danno. Quando la Chiesa mette in guardia da questo rischio non mortifica ma esalta la scienza. In nessun modo blocca la ricerca. Al contrario, invitando il ricercatore ad inserirla armonicamente nel contesto di una antropologia ed etica adeguate, le permette traguardi più sicuri. Se la testimonianza, radice della conoscenza, si sviluppa all’interno di relazioni buone, si può ben capire la decisività della famiglia per l’umana esistenza». È uno dei passaggi dell’omelia del cardinale arcivescovo Angelo Scola pronunciata oggi in Duomo nella terza domenica d’Avvento. Al centro della riflessione del cardinale, a partire dal brano del Vangelo, il concetto di testimonianza, che, ha detto Scola, significa affermare per diretta conoscenza, come stanno le cose e, quindi, deporre pubblicamente a favore della verità. Le quattro testimonianze cui Gesù fa riferimento nel Vangelo di oggi si situano a questo livello di profondità.

Ora, se consideriamo che la nostra conoscenza delle cose consiste di fatto nel riconoscerle per quel che sono, allora possiamo affermare che la testimonianza è il modo (metodo) più elementare per conoscere la realtà e, nello stesso tempo, il modo più appropriato di comunicare la verità conosciuta»

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