Politica

Lo scontro alla Camera, i tormenti di Berlusconi

Il premier innervosito dalle risse in aula e dalle tensioni nella maggioranza. Napolitano minaccia di scogliere il Parlamento

Lo scontro alla Camera, 
i tormenti di Berlusconi

L'ultimo sondaggio è di ieri mattina. Sil­vio Berlusconi ha la fiducia del 50 per cento degli italiani. Un re­cord tra gli attuali premier europei il cui gradimento, da Sarkozy alla Merkel, non supera in questi giorni il 20. Eppure il premier ha non pochi tormenti, a partire da quelli che gli procura la sua maggioranza non sempre lucida e conscia che si sta camminando su terreno minato. La Camera è diven­tata un ring nel quale, per di più, l’arbitro Fini tifa per l’avversario. L’opposizione ormai è un manipolo di pro­vocatori che ha definitiva­mente rinunciato a fare po­litica. Capita poi, per com­plicare la situazione, che a qualcuno del centrodestra saltino i nervi. L’altro gior­no è toccato a La Russa, ieri a un deputato che ha lancia­to un palla di giornale ad­dosso a Fini e addirittura al ministro Alfano, uno che la pazienza non l’aveva mai persa, che ha lanciato il suo tesserino di deputato.

Immagini forti, che fan­no alzare gli ascolti di tele­giornali e dibattiti tv. Per l’informazione è una pac­chia. Mentana e Santoro ringraziano, ma oltre non si capisce il senso.

Oggi fare a pugni con Fini è come sparare sulla Croce Rossa. Il suo Fli nei sondag­gi veri è ormai stabile da tempo sotto il tre per cento. Il Pdl ha vinto, il nemico in­terno è stato smascherato e ora è all’angolo, da Fare Fu­t­uro è diventato Senza Futu­ro. Non è più un problema, anzi, senza Fini in maggio­ranza le cose non potranno che andare meglio, a parti­re dalle riforme che l’ex lea­der di An sosteneva in pub­blico e boicottava dietro le quinte.

Al diavolo Fini e i finiani, ci si occupi di governare in un nuovo scenario che pre­vede pari dignità tra il Pdl e quei deputati (e senatori) che con un gesto di respon­sabilità (e perché no, inte­resse) hanno permesso a questa maggioranza di sta­re in piedi e continuare a go­vernare. Tra galantuomini i conti si saldano, anche in termini di poltrone. L’ex mi­nistro Scajola, capo dei mal­pancisti per alcune nomine di uomini non di Forza Ita­lia (tipo lui stesso) se ne fa faccia una ragione. Anche perché quasi otto elettori su dieci del centrodestra non gli hanno perdonato il pa­sticcio della casa vista Co­losseo e non sarebbero quindi felici, per il momen­to, di vederlo tornare al go­verno o al vertice del parti­to.

Anche la Lega, alleato lea­le e decisivo di Berlusconi, ha qualche problema inter­no che si potrebbe riflettere sull’efficienza del governo. La questione dei clandesti­ni è delicata e complicata per tutti ma soprattutto per il Carroccio, partito di go­verno a Roma e di lotta sul territorio, a maggior ragio­ne se si è alla vigilia di una importante tornata elettora­le amministrativa. Passino le dichiarazioni sui giorna­li, ci stanno pure gli slogan ad effetto, ma se il governo si è impegnato a liberare Lampedusa dai clandestini in pochi giorni, nessuno del­la maggioranza può tirarsi indietro o fare valere que­stioni di bottega, costi quel che costi. Soprattutto se si è ministro degli Interni. Se lu­nedì Berlusconi in persona andrà in Tunisia, un moti­vo ci sarà.

Forse qualcuno non ha fatto bene o abba­stanza.

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