Lerrore evidentemente è stato quello di invitarlo a un corso di Letteratura, invece che di Marketing. Essendo Federico Moccia, notoriamente, e con indiscusso successo, uno straordinario imprenditore e manager di se stesso, più che uno scrittore. Se lo si invita per presentare il romanzo e il film Scusa, ma ti voglio sposare poi ha poco senso contestarlo, come invece è accaduto ieri pomeriggio nellAula Magna dellUniversità La Sapienza di Roma.
Appena iniziata la lectio magistralis di Moccia, uno studente della Facoltà di Lettere lo ho provocato spocchiosamente chiedendogli se è consapevole di svalutare la categoria della letteratura e del cinema in una tradizione italiana così imponente, buttandogli in faccia - testuale - che «la mia generazione non si sente affatto rappresentata dai suoi libri e dai suoi film, senza stile. E glielo dico col cuore». Strappando un sentito applauso del pubblico e convincendone addirittura una parte ad andarsene dallaula. Ma commettendo un gigantesco errore di prospettiva: quello di considerare, e valutare di conseguenza, Federico Moccia un romanziere e non, piuttosto, il fondatore di un fortunato impero multimediale che vende agli adolescenti un eterno sogno low cost, del quale i libri - insieme ai film, ai lucchetti o ai cioccolatini avvolti nei biglietti con le frasi damore - sono solo unofferta commerciale. Per uno studente di lettere pretendere di affrontare un prodotto come Scusa, ma ti voglio sposare con gli strumenti della critica letteraria è come per una ragazzina di liceo illudersi di poter conquistare un attore come Raoul Bova. Meritandosi così linappuntabile replica di Moccia: «Io non ho imposto a nessuno i miei libri. Li ho anche pagati di tasca mia. E tu dovresti rispettare dallalto della tua cultura e educazione che nelle mie semplici, banali, umili pagine qualcuno può comunque trovare quel barlume di voglia di leggere e di sognare».
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