Le sculture di «Medici senza frontiere» raccontano le imprese umanitarie

Le sculture di «Medici senza frontiere»  raccontano le  imprese umanitarie

Un tappeto di scarpe logore. Tante, diverse, puntano in un’unica direzione. Come un invito a seguirle, e scoprirla tutta, questa mostra-rassegna inaugurata ieri dall’associazione umanitaria Medici senza frontiere, intitolata al precetto più importante di Ippocrate, fondatore della medicina: «Primo, non nuocere». Al teatro Litta fino a domani, ancora due serate durante le quali i volontari raccontano trent’anni di attività attraverso foto, film, spettacoli e incontri. Un materiale inesauribile, tratto dalle imprese affrontate dall’associazione ai quattro angoli del globo, a contatto con popoli sfortunati: dai vecchi della Moldavia agli abitanti della Sarajevo bombardata; dai ragazzi di strada di Manila agli sfollati dell’Afghanistan. Una vera scommessa, quella di raccontare il tragico. Gli organizzatori hanno scelto di non abbandonare i visitatori alla pura documentazione, ma di stimolarli con sensazioni e invenzioni giocose. Tra i pannelli spuntano sculture originali. Come la carovana di scarpe dei profughi, ridotte in brandelli dalle migliaia di chilometri macinati. O le cataste d’armi del Mozambico, cedute dalla popolazione alla fine del conflitto in cambio di un’utensile da lavoro.
La mostra, accessibile dalle 17, fa da sfondo a molteplici iniziative. Dalle 19.30 vengono proiettati film, alcuni «fai-da-te», altri prodotti ad hoc da professionisti. Dalle 21 iniziano invece gli incontri con i testimoni delle vicende più significative. Stasera si leggeranno le lettere dal Ruanda di una volontaria psicologa. Mentre domani l’esperienza dei medici prende la forma di uno spettacolo teatrale.

L’appuntamento è in corso Magenta 24, non per lasciarsi intristire, ma per scoprire quei germogli di speranza che l’associazione riesce a coltivare anche nelle terre più desolate. E, si sa, i fiori del deserto sono i più profumati.

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