Se le azioni hanno un nome «facile» volano in Borsa

da Milano

«Ciò che chiamiamo rosa anche con un altro nome conserva sempre il suo profumo» scriveva Shakespeare. A meno che il profumo non sia quello dei soldi, come dimostra uno studio condotto in Usa da due psicologi di Princeton: le società che hanno un nome più facile, da pronunciare e da ricordare, hanno maggiore successo delle altre in Borsa, soprattutto al momento del collocamento. Danny Oppenheimer e Adam Alter hanno svolto la loro ricerca su due livelli: uno ipotetico e uno reale. Prima hanno sottoposto a un gruppo di studenti di economia un elenco di titoli inesistenti, perché giudicassero la maggiore o minore «orecchiabilità» della sigla. Un secondo gruppo, a cui è stato chiesto di «indovinare» le possibili performance degli stessi titoli, ha preferito quelli con i nomi considerati più semplici dai loro sconosciuti compagni. Ancora più significativa è la controprova di Wall Street, dove un investimento da mille dollari in un gruppo di neoquotate dai nomi ritenuti «facili» ha reso (almeno nel breve periodo) 112 dollari in più rispetto a quelle dalle sigle più ostiche.

Ennesima prova del fatto che «la gente non è mai completamente dominata dalla ragione - conclude Oppenheimer - ma è lei che, in ultima analisi, decide l’andamento dei mercati. Ed è bene che gli economisti se ne rendano conto». Chissà se a Piazza Affari valgono gli stessi principi.

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