(...) metri quadri di verde pubblico a cui Carlo Castellano, numero uno dellEsaote che di Erzelli è una sorta di levatrice, mamma e papà insieme, aggiunge anche i 100mila metri quadri di verde di pendice, quelli della collina. Ora, quando si parla di Erzelli, Castellano vede tutto con gli occhiali rosa e quindi i 20 ettari di cui lui parla sono probabilmente esagerati, ma sta di fatto che ci ritroveremo un polmone verde rispetto a una spianata con container. Non è proprio un particolare ininfluente. Sempre alla faccia di quelli che si riempiono la bocca di «cementificazione».
Castellano promette che in mezzo al verde, ci sarà il più grande parco scientifico e tecnologico dItalia e forse dEuropa. E, anche in questo caso, come sempre, è super-ottimista. Soprattutto, sui tempi. Se dipendesse da lui sarebbe già finito tutto domani. Se dipendesse da lui, Erzelli avrebbe lo stesso effetto dellUnieuro per Tonino Guerra: lottimismo come profumo della vita.
Ma - anche al netto delle fughe temporali in avanti del professore a cui le Brigate Rosse hanno rovinato la vita e le gambe, ma non la testa, che funziona benissimo - il sogno di Erzelli si sta precisando. Entro lestate larea sarà completamente libera da ogni container; ledificio che ospiterà il prossimo anno la sede e i laboratori della Ericsson sarà in fase avanzata; ci sarà un altro edificio per le piccole aziende dellhi-tech con quattro piani di parcheggi sotterranei; si inizierà sul serio a pensare alla Facoltà di Ingegneria che lì in mezzo dovrebbe avere il suo habitat naturale. E, soprattutto, inizieranno i lavori per le strade.
Chiaramente, Erzelli senza strade o magari con un bus navetta che si inerpica fra i tornanti, è qualcosa che non può esistere. Così come non può esistere nessun futuro senza infrastrutture. Tantomeno quello di un polo genovese e italiano dellhi-tech.
Ma il sogno non è ancora finito, visto che, sempre nel delirio erasmiano e onorico di Castellano e dei suoi soci nel Dixet, il club delle aziende hi-tech genovesi e dei 62 manager e imprenditori che sognano con lui agli Erzelli, nel parco scientifico e tecnologico ci sarà spazio per Ingegneria, per i laboratori genovesi del Cnr, per 150 aziende hi-tech entro dieci anni, con 15mila dipendenti (settanta si sono già prenotate), per un presidio di polizia o carabinieri e per negozi e strutture necessarie al complesso.
Insomma, un qualcosa che può far pensare che unaltra Genova e unaltra Liguria sono possibili. Lha capito bene anche il ministro dello Sviluppo Economico Claudio Scajola, uno di quelli che sullalta tecnologia a Genova ha sempre scommesso. Del resto, basterebbe fare la lista delle imprese che gravitano nel settore per capire che Genova è già la capitale italiana della tecnologia. E che, se davvero lItalia decidesse di investire e credere nel nucleare, potrebbe esserne la città capofila.
Si creerebbe una specie di circolo virtuoso che passa dalle grandi aziende tecnologiche di Stato eredi delle Partecipazioni Statali alla Facoltà di ingegneria, punto di eccellenza dellUniversità; dalle multinazionali che hanno loro sedi a Genova ai laboratori del CNR; da centinaia di piccolissime, piccole e medie imprese che operano nel campo della tecnologia, persino al Festival della Scienza, che non è unimpresa, ma quasi. Con lIit, listituto italiano di tecnologia di Morego, voluto da Umberto Bossi, Sandro Biasotti e Giulio Tremonti, come punta di diamante di tutto il discorso. E proprio laltro giorno il direttore scientifico dellistituto, Roberto Cingolani, ha indicato negli Erzelli la sede di nuovi laboratori. Tutto torna.
Insomma, si realizzerebbe quello che proprio Alberto Gagliardi, insuperabile coniatore di slogan efficaci, teorizzava come il passaggio da «industria pesante» a «industria pensante».
E, quasi come estrema nemesi, tutto ciò accadrebbe sulla «collina del disonore». Immediatamente riabilitata a «collina dellonore».
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