Se Lippi è colpevole Abete lo è più di lui

Non deve pagare solo il ct. La crisi è di tutte le nostre squadre, Inter esclusa. E le responsabilità della federcalcio sono chiare

Un colpevole? Uno solo? Troppo facile. Troppo comodo. D’accordo, Lippi è il bersaglio a disposizione, già fatto. Poi ci sono gli ex campioni del mondo e le nuove promesse. Già fatti pure loro. E allora? Allora incominciamo a mettere noi davanti allo specchio ma lo specchio deve essere grande, grandissimo, smisurato. Perché i colpevoli siamo tutti, il mondo del calcio italiano ha smarrito la sua antica qualità, non soltanto il catenaccio ma la fantasia, la tecnica, la genialità latina. Abbiamo inseguito il muscolo e abbiamo abbandonato il fosforo, palestre e non più muri, scuole calcio che sfornano polli di batteria, proibito dribblare, meglio fare la diagonale, vietato il tunnel, meglio aggredire lo spazio, gli allenatori sono diventati più importanti dei calciatori. Capita quando questi ultimi sono in inferiorità tecnica, pedine del subbuteo, omini del calciobalilla, tutti uguali. La nazionale battuta e abbattuta non deve stupire, la sua è cronaca di una crisi annunciata. Basta controllare il curriculum europeo dei nostri club in questa stagione, a parte l’Inter che ha stravinto ma non ha italiani e l’unico, talentuoso, è stato lasciato a casa, a parte il club di Moratti, che ha fatto la Roma in Europa? Eliminata dai greci del Panatinaikos! E la Juventus? Ridicolizzata dal Fulham! E la Lazio, fatta fuori dal Salisburgo! Il Genoa dal Lilla! Dice: però il Milan è stato cacciato dal Manchester United, d’accordo ma qualcuno ricorda le prestazioni dei rossoneri? Forse soltanto la Fiorentina può dire di essere stata superata da un arbitro, oltre che dai piedi di Robben e del Bayern di Monaco ma la fotografia di gruppo è questa e la nazionale ne è l’esatta conseguenza.
Una crisi generazionale e un involgarimento del nostro mercato, alla voce «entrate». L’Italia non è più il porto di arrivo dei grandi campioni internazionali, non è più il tempo di Maradona e Falcao, di Platini e Rummenigge, di Zico e Van Basten, di Matthaus e Leo Junior, oggi le bancarelle sono piene di prodotti farlocchi, di merce taroccata, di falsi campioni, raccomandati dai procuratori, accettati da dirigenti che definirei compiacenti. Il nuovo paradiso è la Spagna, il nuovo luna park è l’Inghilterra e il problema non è soltanto fiscale. Il calcio, per un professionista, in Spagna e in Inghilterra è ancora spettacolo, è ancora divertimento, è ancora ricerca del gioco, della qualità, ingredienti che servono ad attirare il pubblico e non il tifo becero, le famiglie e non gli ultras o hooligans che si ritrovano in altre discariche. La latitanza delle vere grandi figure nel nostro campionato ha portato a una depressione tecnica. Chi sono i modelli cui si ispirano i giovani calciatori? Ronaldinho? Diego? Felipe Melo? Mutu? Kjaer? Martinez? D’accordo, ci sono Sneijder o Milito, Maicon o Lucio, ma non si è parlato e scritto più di Mourinho che di loro? La doppia sconfitta, politica e d’immagine, della Federcalcio italiana nella assegnazione dei campionati europei del 2012 e del 2016 è stata letta con la solita dietrologia di bassa lega e non come la manifesta incapacità dell’organizzazione calcistica guidata da Giancarlo Abete a riconquistare la stima internazionale. Alla partecipazione oceanica a dibattiti, al bar, in televisione, nelle radio, sui siti internet, corrisponde un’ignoranza collettiva, una assoluta mancanza di rispetto delle regole, una non cultura del verdetto (non soltanto nello sport). Quattro anni orsono, di colpo, l’Italia aveva messo da parte i suoi difetti. Finiti i giochi abbiamo buttato a mare l’acqua sporca e il bambino, ci siamo ritrovati con i veleni di sempre, con l’odio sempre più cattivo, con gli stadi semivuoti, gli scandali di ogni tipo, dal doping alle intercettazioni, dai passaporti falsi alle schede telefoniche svizzere, dai diavoli condannati alle mammolette oneste a prescindere, dalla guerriglia per la tessera del tifoso alle tasse non pagate. Marcello Lippi ha pensato di volare più in alto sulla marea nera ma ha finito per bruciarsi le ali. Adesso non può pagare da solo, Sarkozy ha riunito gli Stati Generali per capire che cosa stia accadendo al calcio francese, da noi si fa fatica a trovare un accordo nelle assemblee della lega calcio. Tra un mese, comunque, si ricomincia con le beghe di campionato, con le accuse, con gli insulti, la corsa al ranking, la moviola, il processo di Napoli, il calendario.

A proposito, in Inghilterra è stato già compilato e annunciato, in Francia pure, tra qualche settimana vedrete che le facce blu del nostro calcio sfileranno davanti alle telecamere per l’inutile evento in diretta tv. Questa è il nostro circo, lo conoscono anche in Paraguay, in Nuova Zelanda e in Slovacchia.

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