Sea e Serravalle, è già tempo di saldi

Una vendita che assomiglia terribilmente a una svendita quella di Sea e Serravalle. I gioielli di famiglia del Comune, secondo la sinistra, quando a pensare di cedere (e a ben altre cifre) erano il centrodestra con Gabriele Albertini o letizia Moratti. Quote da cedere in tutta fretta, invece, oggi che la Borsa soffre e i mercati non tirano. Con l’assessore al Bilancio Bruno Tabacci che in quello che sarà uno dei passaggi più delicati dell’era Pisapia, pensa bene di restarsene a Roma. «Non solo una scortesia - attacca Carlo Masseroli (Pdl) - ma un gesto di irresponsabilità. Milano ha bisogno di un assessore a tempo pieno». Per Tabacci parla la capogruppo del Pd Carmela Rozza con una difesa che sembra piuttosto un’accusa: «Tabacci è impegnato alla Camera a buttare fuori Berlusconi. Vi sembra poco?». In tutto questo ieri la giunta ha deciso per un «bando unico con due oggetti» che mette in vendita il 29,75 per cento della Sea per un valore a base d’asta di 385 milioni di euro. Oppure, per la stessa cifra, il 20 per cento della Sea più il 18,6 della Milano-Serravalle. E, per invogliare gli investitori, modifiche statutarie con i membri del cda Sea da 5 a 7 di cui 2 all’aggiudicatario. E diritto al vice presidente.

Nel frattempo il presidente della Sea Giuseppe Bonomi dice che si va avanti con la quotazione in Borsa, mentre l’assessore Franco D’Alfonso spiega che «la questione è decaduta». Per Masseroli «semplicemente un bando fatto su misura per Vito Gamberale. E per il suo fondo F2i».

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