Autocompiacersi della crisi dicendo che il lavoro non cè, è una fola smentita dai fatti. Dati alla mano e soprattutto al cervello, organi che oggi dovrebbero andare di pari passo nella ricerca di un impiego, lindustria artigianale mostra dessere un campo fiorente. Ad alimentarlo sono le donne, a tenerlo in piedi sono gli stranieri che non ritengono svilente il lavoro manuale. E il sunto di unanalisi dellUnione artigiani della Provincia di Milano.
Gli avviamenti al lavoro nel settore artigianale nel 2011 sono stati 28.874 rispetto ai 24.384 del 2010. Lincremento è pari al 6,1%. Le aziende che continuano a procedere con le assunzioni è aumentato del 5,1%, più che nella grande imprenditoria dove la crescita si è fermata all1,4%. Il 53% dei lavoratori artigiani è costituito da cittadini stranieri. Il 44,6% proviene da paesi extracomunitari. Si tratta per il 75% di giovani detà compresa tra i 20 e i 34 anni. Lincremento di assunzioni femminili (6,5%) è superiore a quello maschile, pari al 5,2%. Le quote rosa che si applicano allartigianato sono poco più di un quarto, cioè il 25,3% del totale degli avviamenti registrati lanno scorso. «Linformazione deve darci un aiuto, per diffondere anche tra i nostri giovani una cultura positiva di alcune professioni. Fare il fabbro o lorafo, lidraulico o il tornitore non è sminuente ma meritorio» commenta Marco Accornero, segretario generale dellUnione artigiani della provincia di Milano.
Insieme allinformazione è la scuola che deve fornire laltro fondamentale supporto. «Sia il ministro Gelmini che Sacconi avevano iniziato ad improntare una filosofia scolastica vicina al modello tedesco, dove la professione artigiana non è qualificata come un lavoro di serie B. Non è umiliante lavorare con le mani.
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