Il semaforo è rosso, partorisce in auto

Una fitta alla pancia, un’altra, un’altra ancora. «Caro, ho le doglie» urla lei. Scatta il piano «corsa in ospedale»: prendi la valigetta pronta da settimane, non dimenticare l’ultima ecografia, metti in moto l’auto, mantieni la calma, respira a fondo. Tutto procede come programmato. Peccato quel semaforo in via Marghera. Rosso, perennemente rosso.
L’Alfa non si muove di un metro e la coppia, originaria del Congo, se ne sta lì, immobilizzata nel traffico del sabato pomeriggio. Clacson a più non posso ma non si va avanti nemmeno a pagare. Lei, 30 anni, strilla, non ce la fa più, non c’è tempo. Lui è nel panico. I passanti aiutano come possono. Qualcuno fa sdraiare la donna sul sedile posteriore, le fa aria, la incoraggia: «Spinga, signora, spinga». Sembra la scena di un film.
Alle 19, dai marciapiedi di via Marghera si solleva un applauso, qualcuno si commuove perfino: è femmina. Gli operatori del 118 volano sul posto in un batti baleno («Fortunatamente avevamo un’auto medica lì vicino, era in giro per i bersaglieri»).

Lungo il tragitto danno al neo papà le istruzioni sul da farsi: «Faccia sdraiare sua moglie e le dica di tenere il bambino in braccio, non troppo basso».
La donna viene accompagnata all’ospedale Buzzi per il taglio del cordone ombelicale e per tutti i controlli del caso.
Verde-rosso-verde. In tanti si sentono un po’ zii, almeno per il tempo di un semaforo.

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