La Milano dei no

Sempre più paletti con cui ci si illude di risolvere problemi che invece restano. E così molti fuggono perché il costo della vita è insostenibile, perché si sentono insicuri o perché non sanno più come muoversi o posteggiare

La Milano dei no
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Sono i «no» che non aiutano a crescere. Quei «no» che fanno finta di risolvere un problema, senza doverlo affrontare davvero.

Aria cattiva? Facile: via le auto, stangata agli automobilisti. Incidenti quotidiani tra biciclette e ciclisti? Facile: (ancora) via le auto, pedonalizzando tutto il pedonalizzabile. I residenti protestano per la movida? Facile: via la movida, dehor sbarrati alle 1,30. Problema che vai, divieto (facile) che trovi. Pare un po' come quei genitori che pur di non discutere con i figli, sposano un'educazione a colpi di «sì» e di «no», assoluti, senza spiegazioni.

Così Milano, vuole risolvere le complessità con banalizzazioni. Con il risultato di aggravare soltanto il problema. Milano pare così diventata la città dei «no», tra quelli imposti e quelli che alla fine i milanesi sono costretti a autoimporsi. «Non» vanno più in bicicletta perché hanno paura, «non» fanno sport perché non ci sono le strutture. Le ragazze «non» escono più da sole perché temono di trovare qualche malintenzionato dietro l'angolo. «Non» trovano una casa perché Milano è stata trasformata in una città tagliata a misura solo di ricchi.

«Non» sanno dove mettere la macchina perché non sono stati costruiti parcheggi, «non» riescono a dormire la notte per la movida selvaggia perché si sperimenta una nuova ordinanza che «non» funziona.

Insomma la vita per i milanesi è diventata sempre più una gimkana tra divieti, e l'amara consapevolezza di non poterli neanche superare.

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