Bene, quel seno, era rifatto bene. Niente da dire. Perfino il giudice l'ha dovuto ammettere. Il medico, però, è stato condannato lo stesso. Perché un conto è che l'operazione sia tecnicamente riuscita. Altra cosa è se l'intervento non corrisponde a quanto promesso dal chirurgo. Perché il seno della 38enne era risollevato, rassodato e più bello rispetto di prima, e l'operazione di mastoplastica addittiva a scopo estetico era stata eseguita a «regola d'arte» (come attestato anche da un'apposita consulenza tecnica). Peccato però che prima dell'operazione - nel suo studio in una clinica privata e davanti a una fotografia che ritraeva il seno della cliente a 25 anni - il chirurgo plastico si fosse spinto a promettere di restituirglielo. Gli è costato caro, visto che è stato condannato non solo a risarcire il costo dell'intervento, ma anche il danno morale causato, corrispondente all'aspettativa delusa della paziente. Lo ha stabilito il giudice Damiano Spera della quinta sezione civile, secondo il quale la promessa fatta e poi non mantenuta dal medico equivale a impegnarsi a «un'obbligazione di risultato», scrive nelle motivazioni della sentenza. E poco importa se, come rilevato dai consulenti tecnici, l'operazione di impianto di protesi mammaria «risulta progettato ed eseguito a regola d'arte, secondo una tecnica condivisa dalla gran parte dei chirurgi plastici, e in modo tale da ottenere un risultato accettabile nella media dei pazienti». Il giudice ha così condannato il chirurgo a restituire i 7.300 euro fatturati per la mastoplastica addittiva rilevatasi «inutile» a soddisfare i desideri della paziente, nonché a risarcirle con 398 euro le spese sostenute per altre visite mediche a cui si è sottoposta tre mesi dopo l'intervento, quando ha «constatato un abbassamento del seno». Mentre la delusione e il conseguente stato d'ansia sono stati valutati altri 3mila euro. Invece, il medico non è stato condannato a risarcire alla paziente i 7.112 euro spesi per una seconda plastica, eseguita da un collega della stessa struttura e che in effetti le ha poi permesso di riconquistare il seno dei suoi 25 anni e di prima della gravidanza. Secondo Spera, «non c'è nesso di causalità tra l'inadempimento del convenuto (il medico, ndr) e il secondo intervento chirurgico» perché il chirurgo non si è reso responsabile né di una colpa professionale, né di aver pregiudicato la salute della paziente.
«In assenza di colpa medica e della lesione permanente al bene salute - spiega il magistrato -, l'attrice (la paziente, ndr) avrebbe comunque potuto evitare di sottoporsi al secondo intervento atteso che quello effettuato dal convenuto, sebbene non idoneo in relazione all'obbligazione di risultato assunta, era stato eseguito in modo congruo e a regola d'arte». La sentenza in ogni caso arriva sette anni dopo l'esecuzione degli interventi. Non è dato sapere quale sia la situazione attuale del decolleté.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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