Chiudere il conto e trovarsi la brutta sorpresa. La banca che inizia a fare i suoi conti, detrae spese, calcola interessi, trova scuse, ricorda postille e alla fine trattiene cifre impensabili per il correntista che credeva almeno di riavere almeno una cifra simile a quella riportata alla voce «avere». Una situazione in cui spesso si trovano molti italiani, che però alla fine finiscono per cedere di fronte alle braccia larghe del direttore di banca che garantisce come la cosa sia tutta assolutamente regolare.
La vittoria ottenuta in tribunale dal titolare di un conto corrente con quella che fu la Banca di Roma suona invece come la rivincita di tutti i risparmiatori tartassati. La sentenza del tribunale di Savona è fresca di pochi giorni e premia i soci della «Buffet della stazione snc». Nel 2001 la banca aveva scritto ai clienti una letteraccia con cui, di imperio, chiudeva loro il conto motivandolo con il fatto che non sarebbero più rimasti nei parametri previsti dallaccordo. Fin lì la cosa non sarebbe stata neppure troppo grave se non fosse che, allatto della chiusura, la banca aveva presentato un conto di passivi da saldare a dir poco spropositato. La società che gestiva il bar della stazione di Savona aveva fatto fronte al debito e alla ferma richiesta .
A mente fredda però quelle cifre erano poi apparse fuori misura. La signora Marisa D.S. e gli altri soci si erano affidati così allavvocato Paolo Pruzzo per contestare alla banca quel conto clamoroso. Ne è nata una lunga battaglia legale, fatta con accurate perizie, che alla fine hanno dimostrato, come spiega dettagliatamente la sentenza, che la banca aveva a dir poco esagerato.
In particolare la richiesta era al di fuori dei limiti accettabili previsti dalla legge per quanto riguarda il calcolo degli interessi passivi applicati e per la commissione di massimo scoperto. Quando cioè la società, come è normale che avvenga, era andata in rosso, la banca aveva applicato interessi e «penali» spropositate. Al punto che lavvocato Paolo Pruzzo ha dimostrato, perizie alla mano, che ai suoi clienti dovevano essere restituiti oltre 30mila euro. Più gli interessi, stavolta «legali». La sentenza ha così condannato la banca a risarcire la società per 30.825, 80 euro, più interessi, spese di perizie e legali. Un totale che supera abbondantemente i 50mila euro.
Una mazzata, soprattutto per il significato che assume nel rapporto tra correntisti e banche. Lavvocato Pruzzo sorride: «Al di là della soddisfazione per il cliente, conta anche lo stop imposto a certi modi di fare i conti».