È ufficiale: all’Uefa soffrono di strabismo. C’è una giustizia che castiga (la sceneggiata di Dida a Glasgow punita con due turni di squalifica in Champions league) e una ingiustizia che assolve (il Celtic soltanto multato, 60mila franchi svizzeri, per l’invasione del suo tifoso). Al Milan restano di sale per usare un eufemismo: sono inferociti per lo strabismo Uefa ma anche consapevoli del fatto che a peggiorare il caso fu l’atteggiamento di Dida, riserbo assoluto, neanche una minuscola ammissione di colpa, una frase di scuse.
Così all’asciutto comunicato comparso sul sito (due righe per dare conto del ricorso da presentare al Jury d’appel entro stasera, probabilmente) segue l’intervento di Leandro Cantamessa, il legale della società. «La sentenza manca di logica e di equilibrio. Si è fatto passare Dida come il protagonista dell’episodio mentre il protagonista è un altro, l’invasore scozzese» la stroncatura della squalifica Uefa giunta a destinazione senza nemmeno il codicillo di una motivazione, per breve che sia. Ciò rende ancora più complicato il lavoro del legale rossonero, costretto a preparare al buio il reclamo (tre giorni di tempo) senza conoscere cioè il percorso scelto dal giudice sportivo Uefa per stangare Dida, risparmiare il Milan e riservare un buffetto al Celtic (90mila franchi complessivi).
L’assoluzione piena e completa del Milan non viene considerata dall’avvocato Cantamessa un evento scontato. «Temevo il peggio e sarebbe stata una cosa orrenda e ingiustificata» è la candida confessione di Cantamessa che oggi deve incontrare Dida e provare a fargli cambiare linea difensiva. Già perché il portiere brasiliano non può più far finta di nulla, immaginare che la vicenda non lo riguardi e che sia assolutamente legittimo restare chiuso nel bozzolo di un silenzio assordante mentre fuori diluvia. Questo atteggiamento incomprensibile non lo ha aiutato. Anzi, quelli dell’Uefa han considerato l’assenza di un suo intervento come la conferma solenne del mancato ravvedimento. Lo sanno bene in via Turati, sede degli uffici di Galliani e Gandini (il dirigente addetto agli affari internazionali), lo ripetono da giorni i suoi sodali. Dopo Kakà, di ieri l’intervento di Oddo e di Maldini, il capitano storico, esponente di una razza specialissima. Da Firenze il nazionale detta una frase che non si presta a interpretazioni: «Nella vita si sbaglia e non ci si può nascondere dietro gli errori. Dida ha sbagliato e si è pentito, l’importante è prendere spunto dagli errori per non sbagliare più».
L’unico conto che non torna riguarda il pentimento di Dida: se non è pubblico, affidato a giornali e tv, spedito anche lontano, all’Uefa, non vale. Da Maldini, quasi per lenire la pena, arriva con la stroncatura un messaggio di fiducia. «Ha sbagliato, lui lo sa, ma rimane un grande portiere e la nostra prima scelta» le parole incartate dal capitano prima di volare verso Bilbao e il test che deve documentare il suo ritorno all’attività (previsto per il match contro l’Empoli dopo la sosta azzurra). «Dovevano squalificare il campo del Celtic», è la chiosa di Andrea Pirlo. Diversa la reazione del Celtic: «Riteniamo la sanzione proporzionata all’incidente, la società ha affrontato la vicenda in modo serio e dopo un’immediata indagine ha preso misure rapide ed adeguate».
E adesso, alla ripresa della Champions, il Milan resta senza Dida, per due turni nelle sfide con lo Shakhtar Donetsk, la prima a San Siro e la seconda in Ucraina. Al suo posto Kalac, candidato a sostituire il brasiliano già a Glasgow, quando si provvide a un velocissimo recupero di Dida per la ridotta fiducia nell’australiano.
Ma forse la vicenda complessiva, comportamento in campo più condotta irragionevole dopo (opposizione a ogni pubblico pentimento suggerito da Cantamessa e dalla società), può diventare l’occasione per chiudere la carriera rossonera di Dida. E se finisse proprio così, i tifosi del Milan, alla fine, dovrebbero essere riconoscenti a Platini.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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