«Senza Ferrante il problema è stato risolto»

«Senza Ferrante il problema è stato risolto»

Andrea Fontana

«Su via Quaranta, Ferrante e il capo dell'opposizione Antoniazzi una cosa positiva l'hanno fatta: smettere di occuparsene. Da quel momento si è avviata pian piano una soluzione». L'ironia di Bruno Simini sulla gestione della vicenda della scuola egiziana Fajr va diretta a due degli attori protagonisti del caso scoppiato alla fine dell'estate e che ancora oggi non si è completamente risolto: l'ex prefetto, ora candidato sindaco, e il capogruppo dell'opposizione a Palazzo Marino.
«Poco più di cento bambini su trecento hanno fatto la scelta di andare alla scuola statale. Sono cento buone ragioni per andare avanti per questa strada» aggiunge l'assessore all'infanzia assicurando che i centodieci ex ragazzi di via Quaranta che siedono tra i banchi degli istituti pubblici frequentano regolarmente le lezioni. E per gli altri duecento, ma anche per tutte le famiglie con figli assenti dalle aule, sono già partite le lettere in cinque lingue, invitando a spiegare all'assessorato di via Porpora la situazione. La speranza è che l'esempio di un terzo degli studenti convertiti alle lezioni «made in Italy» faccia da stimolo anche per gli altri.
Si tiene duro sulla soluzione pubblica, insomma, e Simini seduto accanto a Magdi Allam a Palazzo delle Stelline ripete l'attacco a sinistra. «Ci siamo trovati paradossalmente a sostenere da soli la soluzione della scuola statale, lasciati soli da una sinistra che invece ci ricorda tutto l'anno come esista solo la scuola pubblica».
Cosa insegna la questione di via Quaranta? Per l'editorialista del Corriere della Sera, che fu tra i primi a fine agosto a chiederne la chiusura, il caso della Fajr è stato un paradigma del problema integrazione perché «si è capito che non si trattava di una scuola, ma di un centro di indottrinamento ideologico, uno strumento per la penetrazione ideologica estremista in Italia». L'integrazione non è un optional, ma un dovere. La formula di Magdi Allam. «Chi sceglie l'Italia come patria deve farlo nella conoscenza della lingua, della cultura italiana e della religione cattolica» ha concluso il giornalista.

Mentre il vicepresidente del Parlamento europeo Mario Mauro ha sottolineato i rischi di «una immigrazione fatta con un progetto politico, un'immigrazione di matrice jihadista-islamica dove il potere è tutto e l'uomo non è niente».

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