È il tabù più inconfessabile, il limite che sembrerebbe impossibile valicare: eppure le mamme che uccidono i figli, quasi sempre mosse da problemi psichici, sono una drammatica realtà.
Solo un mese fa, a Genova, una madre di 35 anni aveva ucciso il proprio bambino di appena tre settimane, strangolandolo nel lettino con il cavetto di alimentazione del cellulare. Poi si era suicidata. Forse una tragedia legata al contesto disagiato in cui viveva la donna, disoccupata, aggravato da una «depressione post partum». Una grande ombra che ricorre in molti casi.
Poco tempo prima, il 20 luglio, a Parabiago, in provincia di Milano, unaltra mamma ha strangolato il figlio di 4 anni con un cavo elettrico. La donna, di 36 anni, Marcella Sardeni, soffriva di depressione ed era in cura in un centro psicosociale della zona.
Il 9 settembre del 2005 a Merano un bambino di quattro anni è stato ucciso a coltellate dalla madre, Christina Rainer, 39 anni, che poi ha tentato il suicidio gettandosi da una finestra del secondo piano.
Sempre nel 2005, il 17 marzo, una neonata di due mesi è stata trovata uccisa con una coltellata in una casa della Romanina, a Roma, dove viveva con i genitori: anche qui la madre, di 23 anni, dopo averla uccisa ha tentato il suicidio.
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