Sequestra e stupra una donna: pachistano in cella

Cesano Maderno, ha atteso che la sua vittima scendesse dal treno. Per costringerla a salire sull’auto l’ha minacciata con una forbice

Franco Sala

Il pachistano adesso non parla più. È chiuso in una cella d’isolamento del carcere di Monza. L’altro giorno forse ubriaco, sicuramente vigliacco, ha stuprato una donna di 41 anni. Siamo a Cesano Maderno, l’extracomunitario, in Italia con regolare permesso di lavoro, elettricista, una faccia non conosciuta dalle forze dell’ordine, punta la sua vittima. Sono le otto e mezza di sera. L’uomo, attende con pazienza. Abulico e indifferente, ha già deciso di usarle violenza. Non ha premura. S’apposta con la sua Fiat Punto, ai margini di via Fabio Massimo. Sa che la quarantunenne, d’origine ucraina, badante, per mettere insieme ottocento euro al mese e sbarcare il lunario arriva da Milano sul treno delle Ferrovie Nord. Scende alla stazione di Cesano: s'incammina per raggiungere l’abitazione della figlia. Il maniaco la intercetta: «Sali in auto ti accompagno io» dice convincente. Al primo rifiuto della donna il pachistano si arrabbia. Scatta come una furia. Scende dall’utilitaria e s’avvicina alla badante. Afferra per un braccio la poveretta e comincia a picchiarla: pugni, schiaffi, calci. Il balordo è di quelli con il sangue caldo: l’idea di lasciar correre non lo sfiora neppure di striscio. Vuole soddisfare i suoi desideri. Ci riesce. Carica di forza la donna sull’auto e parte verso una zona isolata. L’ucraina è terrorizzata. Trema come una foglia: in preda a una crisi di panico, implora il suo aguzzino di lasciarla libera. Il violentatore non ha pietà, afferra un paio di forbici custodite in macchina e gliele punta alla gola. «Se non fai quello che dico t’ammazzo. Non ho nulla da perdere». Il criminale ha la situazione in pugno. Con inaudita violenza le strappa gli abiti, tanta è la disperazione che la donna non riesce neppure a gridare. Il maniaco stupra la quarantunenne. Si rimette al volante e accompagna la vittima ancora sanguinante a Limbiate, dove abita in un vecchia casa di ringhiera. La donna chiama il 118: prima è visitata dai dottori dell’ospedale di Garbagnate poi da quelli della clinica Mangiagalli di Milano. È medicata. I carabinieri della compagnia di Desio iniziano le indagini. Ascoltano le testimonianze della badante: tracciano l’identikit del violentatore. Hanno una mezza idea. Sanno dove puntare le loro attenzioni. Il pachistano ha le ore contate. Infatti, passa un giorno e gli uomini del capitano Vincenzo Barbato lo bloccano e gli stringono le manette ai polsi. Caricato su una gazzella, pochi minuti dopo l’arrestato è in caserma. Il tempo di compilare gli atti e l’uomo è trasferito dietro le sbarre.

Una volta «blindato» i militari dell’Arma e la Procura di Monza hanno scritto la parola fine all’allucinante vicenda che sembra tratta dalle sequenze di un film, e che invece è stata consumata tra Cesano Maderno e Limbiate. Non nel Bronx, in Brianza.

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