Sergio Rubini e le sue ispirazioni a teatro

"Ho deciso di mettermi davanti al pubblico con il cuore aperto". L'attore si racconta sulle ali dei versi poetici di Neruda, Sanguinetti, ma anche di Prévert, di Puskin e di Leopardi, appoggiandosi sulle note di una colonna sonora eseguita dal vivo

E’ confortante ritrovare, tra le righe di poesie, tra le rime di poemi di grandi scrittori che hanno trasposto magicamente il loro pensiero, emozionando attraverso dei versi intrisi di energia vitale, stralci della propria vita e l’essenza della propria esistenza. Proprio tra le voci del Novecento Sergio Rubini ha distinto quelle che più hanno influenzato il suo percorso artistico ed esistenziale e, decidendo di raccontarle al suo pubblico, sarà protagonista di “a Cuore Aperto”, in programma venerdì 4 e sabato 5 al Teatro Manzoni. Il recital, accompagnato da musiche originali eseguite dal vivo da Michele Fazio, Emanuele Smimmo e Marco Loddo, è un affresco di “materiale privato che appartiene a un mondo segreto”, così come lo stesso attore di “L’anima gemella”, “L’amore ritorna”,(solo per citare gli ultimi lavori), ama definire la serata informale. “Mi sono riavvicinato al teatro, dietro sollecitazioni, attanagliato da dubbi e paure: quando anni fa assistetti al balletto di Pina Bausch, “Viktor”, con il quale rese omaggio a Roma, mi convinsi che quello spettacolo sanciva la fine del teatro di parola. Oggi, dopo tanto cinema qualitativamente valido, dove tuttavia non è contemplata né la sperimentazione né la ricerca, ho sentito l’esigenza di emozionarmi e di affascinare lo spettatore attraverso il materiale che più mi ha appassionato e che mi appartiene. Ecco perché ho deciso di mettermi davanti al pubblico con il cuore aperto”. Attore italiano tra i più versatili, dallo sguardo tenero, ma fiero e sicuro, Rubini, regista solo di se stesso sulla scena teatrale, si racconta sulle ali dei versi poetici di Neruda, Sanguinetti, ma anche di Prévert, di Puskin e di Leopardi, appoggiandosi sulle note di una colonna sonora scritta ad hoc: “Volevo che lo spettacolo fosse modesto, una piccola chicca con una coerenza filologica. Inizialmente, ho avuto la sensazione che il reading fosse noioso ed ecco perché, lavorando con Fazio, dopo tanto lavoro, ne è sortito uno spettacolo articolato con un filo conduttore tra parole e musiche”. Non solo versi poetici, ma anche brani letterari come una delle “Operette Morali” e racconti biografici come quello attorno alla vita di Puskin; Rubini ammalia, sorprende, rapisce, divaga tra il mondo letterario di grandi compositori letterari, di poeti, tra stralci di libri e la sua dimensione personale che dopo 25 anni ritrova le coordinate calcando le tavole dei palcoscenici.

“Ho scelto le composizioni del Novecento perché credo che sia stato il secolo del caos delle immagini: le poesie regalano parole in grado di organizzarci l’anima e continuano tenacemente a dare un senso anche a tutto ciò che non lo ha”.

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