Controcultura

Serve un solo ministero per il Patrimonio Culturale

Beni artistici e ambientali e istruzione sono una materia inscindibile. Se ne prenda atto

Serve un solo ministero per il Patrimonio Culturale

Due ministeri hanno cambiato nome nelle improvvide amministrazioni inquinate dai Cinque stelle, con profonde e velleitarie corruzioni concettuali. Ricordiamo sempre che, sul tema conclamato della onestà, aveva dato una risposta definitiva Benedetto Croce: «il vero politico onesto è il politico capace». Noi siamo stati, per più di quattro anni, commissariati da incapaci e dilettanti. Prima hanno agito, con uno scambio di persone, su una tardiva suggestione di Grillo, intervenuta dopo due governi Conte, in cui il tema, indicato come peculiare, era stato totalmente ignorato. Il Ministero dell'Ambiente, in questa prospettiva di nuova consapevolezza, è diventato Ministero della Transizione Ecologica, una denominazione volgare e insensata, giacché un Ministero governa l'esistente, la realtà, non la transizione. Ma Grillo e i suoi non avevano gli strumenti per capirlo, e l'ottimo ministro Cingolani si è adattato alla finzione. Doppia, infine, quando si è scoperto che era una persona competente, ma non dell'area politica che l'aveva proposto. L'ignoranza di Grillo era compensata dalla fascinazione per persone non elette (essendo gli eletti inesistenti e tutti emanati da lui), ma persuasive, attraenti.

Mi auguro che il prossimo Governo ripari al grave errore, restituisca al Ministero la dignità del suo nome, uscendo dalle mode che hanno imposto anche l'orrenda «resilienza», e ripristini la denominazione originale, magari allargata in termini più espliciti: Ministero per la tutela dell'ambiente e del paesaggio. Mai come in questi anni minacciato. E andrà aggiunto che il tema delle «rinnovabili» va risolto salvaguardando l'integrità dei luoghi e i terreni agricoli. Una semplice soluzione: installare i pannelli fotovoltaici su tutti gli edifici costruiti negli ultimi 60 anni, condomini, magazzini, ville, case popolari, partendo da un dato quasi sconosciuto: gli edifici innalzati in Italia sono 26 milioni, eretti tra il VII e il VI secolo a.C. e oggi, con una proporzione sorprendente: 12 milioni dai templi di Segesta e di Paestum fino al 1959, e 14 milioni tra il 1960 e oggi. In larga parte edilizia selvaggia senza volto e senza forma. Sui tetti di questi edifici i pannelli non creerebbero nessuna distonia e, tanto meno, la cancellazione del paesaggio. Parimenti, un numero quasi illimitato di pannelli e perfino qualche pala eolica (da me condannata irrevocabilmente) potrebbero essere installati nello spazio divisorio tra le corsie nelle interminabili autostrade italiane. No. Si preferisce, talvolta sconfessando le Soprintendenze e i Comuni consapevoli, occultare il paesaggio agricolo, smettere la coltivazione di viti ed ulivi e sfigurare l'integra bellezza della natura.

L'altro Ministero che ha cambiato, con minor rumore e maggiore supponenza, il proprio nome è quello fondato intelligentemente da Giovanni Spadolini nel 1975: il Ministero per i beni culturali e ambientali (l'ambiente ha poi trovato diversa e, come abbiamo visto, precaria casa). L'idea di Spadolini, separandolo dall'Istruzione, era quello di un ministero del patrimonio, e cioè della tutela della maggiore ricchezza italiana che si afferma, attraverso l'arte, come la prima potenza del mondo, anche sul piano economico. Qualche anno fa avevo immaginato una evoluzione del Ministero dei Beni culturali attraverso una fusione con il Ministero della Economia, in un evocativo e suggestivo Ministero del tesoro dei Beni culturali. Non a caso per un'opera d'arte di prima grandezza si parla di «valore inestimabile». Un solo dipinto di Caravaggio può raggiungere il mezzo miliardo di dollari, e una cifra analoga ha raggiunto il Cristo benedicente attribuito a Leonardo. Cos'è un lingotto d'oro a fronte di una Madonna di Masaccio, di Beato Angelico o di Piero della Francesca? Anche in questo caso l'evoluzione del nome c'è stata, ma in senso velleitario e diminutivo, con la generica e tanto agognata, nell'imitazione dei francesi, formula: Ministero della Cultura, sommessamente stabilito, senza rumore, con il decreto legge 1 marzo 2021, art. 6 Comma 1.

La nuova denominazione è semplice ma generica. Per l'ultimo ministro, compiaciuto del potenziato ruolo, era un accrescimento, per la vastità del significato che avrebbe dovuto peraltro inglobare, come era prima di Spadolini, la scuola e l'università. Si tratta, nella sostanza, di una riduzione, avendo sottratto, nella nuova titolazione, il patrimonio, la realtà fisica dei monumenti, il principio della loro protezione. Accorpando cultura e istruzione si farebbe una cosa logica, ma dovrebbe nascere il Ministero del Patrimonio Culturale. Il tema meriterà un approfondimento nel convegno «Liberare la cultura», al teatro Sala Umberto, martedì prossimo a Roma.

Nella confusione attuale molte cose andrebbero riordinate. Sarà presto il momento di proporlo, nel pieno rispetto dei ruoli e delle competenze dei tecnici, con la separazione della direzione dell'archeologia da quella dei Beni architettonici e artistici per cui diverse competenze sono oggi raccolte nella paradossale Soprintendenza unica che ha reso obsoleta la Soprintendenza regionale, secondo schemi più utili alla burocrazia che alla tutela del patrimonio artistico. In tanti anni non si è poi pensato al valore civile e formativo dei musei, rendendoli, almeno per i cittadini italiani o delle singole province, gratuiti, e mantenendo il biglietto per i turisti stranieri e per la produzione delle mostre, secondo il modello inglese che vuole i grandi musei statali gratuiti per tutti, con ristori legati alle attività educative e ricreative. A conti fatti tutti i musei italiani producono un utile soltanto tre volte superiore al solo Louvre: 210 milioni contro 70. Con i miliardi che spediamo per le armi è una cifra che vale la potenza formativa dei musei e la loro restituzione ai cittadini. Occorre restituire la confidenza tra il popolo e i musei, come luoghi di appartenenza culturale, per un vero e proprio ritrovato «primato morale e civile degli italiani». Perciò, come appare naturale per i teatri e i cinema, per consentire la rinnovata frequentazione dei musei è necessario tenerli aperti anche la sera, con attrazioni, anche teatrali, che ristabiliscano un rapporto interrotto, una frequentazione abituale.

Gli interventi delle Soprintendenze nelle città e nei rapporti con i privati, che hanno la responsabilità e il merito della manutenzione, e con le attività e gli esercizi commerciali, vanno restituiti a regole condivise e non minacciose, che determinano spesso risposte parziali, insoddisfacenti e talvolta irragionevoli. Le regole devono essere interpretate in equilibrio tra severità ed elasticità, senza arbitri che spesso i musei si consentono con allestimenti insolenti e privilegiati (penso, fra tutti, alla irrispettosa violenza contro l'allestimento della Pietà Rondanini di Michelangelo a Milano, nel Castello Sforzesco, capolavoro dei BBPR del 1956, sconvolto dall'inadeguatezza del velleitario Michele De Lucchi. Penso alla camera iperbarica per togliere la polvere dai visitatori, imponendo l'ingresso posteriore, con un'orrida addizione senza rispetto per il monumento, alla cappella degli Scrovegni a Padova. Penso infine, come Renzi che, intendendo la materia prioritaria, stabilì una Authority per la Corruzione (affidata a Raffaele Cantone e poi lentamente impallidita), a una Authority per il restauro, per il decoro e per la bellezza, che è certamente ciò che di più prezioso e minacciato abbiamo. La bellezza, in ogni luogo in Italia, che ne ha legittimo vanto, è a rischio, con il cattivo gusto, i cattivi restauri, le regole sbagliate.

A tal punto questa Authority è necessaria che io, invece della generica «Cultura», che si articola in tanti settori che dovranno essere tutelati e rigenerati, ho proposto, in questa legislatura, l'istituzione di un Ministero della Bellezza.

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