Da Sesto alla corte di De Benedetti Gli affari del finanziere rosso Vitale

MilanoNon un «finanziere», dice di sé. Piuttosto «un intermediario». Che c’è una bella differenza. Perché «il finanziere investe quattrini suoi, l’intermediario è un professionista». E più di una volta Guido Roberto Vitale - fondatore e presidente della banca d’affari indipendente Vitale&Associati - si è trovato a gestire le tasche degli altri. Specialmente col portafoglio a sinistra.
Detto l’anti-Cuccia, banchiere dei Democratici, sponsor di Nichi Vendola («Ha capito dove va il mondo») e del sindaco di Milano Giuliano Pisapia (a fianco del quale si schierò in campagna elettorale), il timoniere scelto a suo tempo da Carlo De Benedetti per guidare la merchant bank Euromobiliare, socio al 15% in Chiarelettere (casa editrice che sforna libri-inchiesta sul malaffare), già presidente di Rcs Mediagroup, un curriculum che lo colloca nel gotha del capitalismo italiano, e il neo di un arresto per una storia di tangenti a un colonnello della Guardia di finanza, cento milioni di lire versate nel 1988 per ammorbidire una verifica tributaria all’Istituto Lombardo del leasing, che del gruppo Euromobiliare faceva parte. E aveva sede - a volte, le coincidenze - a Sesto San Giovanni. Così, se una grana è partita da Sesto, a Sesto è tornata. Perché l’inchiesta della Procura di Monza sulle presunte tangenti chieste e ottenute da Filippo Penati - quando Penati era sindaco della Stalingrado d’Italia, e poi presidente della Provincia - ha riaperto gli armadi, a caccia di qualche scheletro.
Uno su tutti: l’aquisto da parte di Palazzo Isimbardi delle quote azionarie di Serravalle in mano al costruttore Marcellino Gavio, secondo molti analisti costate uno sproposito alle casse pubbliche. Ma non secondo Vitale, la cui perizia fu l’unica a «giustificare» la spesa della Provincia.
Il valore di ogni azione della società autostradale, secondo l’advisor, oscillava infatti tra i 7,1 e i 9,69 euro. Via Vivaio le pagherà 8,831 euro. Altre cinque perizie (Banca Intesa - che poi strutturò l’operazione - Lazard, Credit Suisse, Corte dei Conti, consulenti della Procura di Milano) avevano però abbassato l’asticella. I periti chiamati in causa dai pm milanesi avevano considerato «congruo» il prezzo, ma solo da un punto di vista generale. Non da quello di un’amministrazione. Perché «il prezzo pagato - avevano scritto i professori Mario Cattaneo e Gabriele Villa nel documento ora in mano ai pubblici ministeri di Monza - non ha un senso da un punto di vista pubblico». Tranchant anzichenò. Qualcuno, tra gli esperti, era sceso fino a 4,48 euro ad azione. Insomma, la cifra finale ipotizzata da alcuni analisti era arrivata anche alla metà di quello che poi pagherà effettivamente la Provincia: 238 milioni di euro che nel 2005 finirono nelle tasche di Gavio, generando una plusvalenza da 179 milioni, 50 dei quali girati nel tentativo di scalata di Bnl da parte della compagnia assicurativa bolognese Unipol, all’epoca in mano al manager Giovanni Consorte. Quello - per intendersi - che si sentì dire al telefono dall’allora segretario dei Ds Piero Fassino: «Allora, abbiamo una banca?». Lo studio Vitale&Associati, dunque, fu quello con la manica più larga.
Ma non c’è solo un travaso di denaro, a legare Serravalle all’estate dei «furbetti del quartierino». Ancora una volta, ci sono di mezzo le consulenze. Perché chi scelse Consorte come uno degli assistenti di Unipol nell’«assalto» alla Banca nazionale del lavoro. Lui, l’«intermediario».
L’anti-Cuccia. Guido Roberto Vitale. Un’altra piccola grana, in realtà.

Perché, nel giugno del 2007, il banchiere fu convocato dal pm milanese Luigi Orsi proprio per spiegare (da testimone) un progetto di espansione che a molti era sembrato quantomeno azzardato, ma che trovava grossi sponsor a sinistra. La piccola Unipol che ci prova con il gigante Bnl. Come scalare l’Everest con le infradito.
E sappiamo com’è andata a finire.

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