Caro Lussana, condivido in pieno il suo editoriale a proposito del dovere di Sandro Biasotti di non presentarsi alle regionali del 2010 con una lista «arancione». Penso, peraltro, che il deputato genovese si guarderà bene dal voler proporre uno schema ormai oggettivamente usurato. Cercherà, invece, di inserire, anche legittimamente, suoi uomini di fiducia nel futuro listino, se ci sarà, e nella catena di comando della squadra che lo assisterà nella campagna elettorale.
Nei prossimi mesi prevedo, senza auspicarlo, non mancheranno polemiche e scontri, anche aspri, su questi punti e non solo.
Sappiamo tutti, fuor d'ipocrisia, come la precedente avventura biasottiana in regione abbia lasciato qualche strascico nei rapporti, ora migliorati, col ministro Scajola. È prevedibile che, prima ancora della sfida vera e propria con Burlando (se sarà lui, come credo, il candidato del Pd), nel centrodestra ligure si proverà a consigliare, imporre è un termine troppo brusco, all'ex presidente una gestione del team molto più collegiale di quanto non fu alle consultazioni del 2005. Le varie anime del Pdl reclameranno spazi, posti, poteri, comè normale nella dialettica politica.
Sarà interessante vedere se, dinanzi a queste naturali pressioni, Biasotti reagirà con moto d'orgoglio, serrando le fila su poche persone fidate nei ruoli davvero significativi, o allargherà invece la «stanza dei bottoni» a politici a lui meno vicini.
Burlando, al netto delle chiacchiere e di un profilo mediatico scialbo, è comunque,in una regione come la nostra, competitore difficile da battere, perché radicato nei meccanismi di governo, esperto, ben posizionato al centro di una galassia economica portuale e industriale.
Non sono tra quelli che, pensando al nuovo probabile scontro Burlando-Biasotti, sbadigliano sospirando un rassegnato «di nuovo!».
Ho la sensazione però che il popolare Sandro, per giungere all'agognata rivincita, dovrà sudare le letterali sette camicie.
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