LA SFIDA DEI 200

Il giamaicano ha già in tasca il secondo oro. Ma ha altri due obbiettivi: strappare il record all’americano e la ribalta olimpica a Phelps

Nostro inviato a Pechino

Ottomila chilometri per sentirsi di ferro. Cinquanta per sentirsi d’oro. «Conteranno le gambe, ma anche la testa». Alex Schwazer lascia brillare gli occhi. Fa sorridere nel suo italo-tedesco. Asciutto e duro come un arbusto rigoglioso. Ha lasciato crescere una barbetta biondiccia. Gli anni sono ventidue, le idee terribilmente chiare. «Tedesco» dalla battuta facile. Ragazzo dalle spalle forti: dovrà caricarsi di tutte le speranze dell’atletica italiana. Nella notte tra giovedì e venerdì sparerà la sua marcia all’oro. Convinto, sicuro, tranquillo. Schwazer, lei conosce la paura?
«Paura no. Io sto bene. Rispetto tutti, ma so di valere un certo tempo. E per starmi dietro bisogna andare forte».
Sa che le tocca la parte di salvatore di patria atletica?
«Favorito? Ditelo pure. Ma neppure Phelps sapeva se avrebbe vinto almeno un oro, prima di entrare in gara. Poi s’è visto. Io mi batterò come sempre. Però mi fa piacere sentire addosso le attese. Vuol dire che qualcosa ho fatto anche nel passato».
L’anno scorso ad Osaka fece il viso dei giorni peggiori davanti ad un bronzo mondiale...
«Non ero arrabbiato per il terzo posto. Ma con me stesso. Potevo fare meglio, sono stato troppo attendista. Non sapevo quanto potevo osare e sono arrivato senza aver dato tutto. Qui dovrò osare. Siamo alle Olimpiadi».
Lei non ha paura, ma gli altri temeranno Schwazer?
«Vedrete che avranno timore. In ogni gara faccio esperienza, c’è tanto da imparare in una 50 km. Userò l’istinto, ma anche la tattica. Bisogna esser bravi a capire quale sia il momento in cui attaccare o difendersi, in cui lasciar andare gli avversari o non perderli di vista».
Avversari quali?
«I soliti: cinesi, russi. Possiamo vincere in cinque o sei».
Ci sono stati russi dopati...
«Giusto che li abbiano fermati. Bisogna punire chi frega quelli che vanno a pane e acqua. Peccato, quest’anno in coppa del mondo avremmo conquistato l’oro a casa loro se non ci fossero stati quelli... del doping».
Non teme di trovarsi fra i piedi altri truffatori?
«Ho smesso di pensare: sono dopati o no? Sennò divento pazzo. Così ti passa la voglia di fare sport. Uno deve allenarsi e fare quello che può. Poi deciderà il destino».
Come se la caverà con caldo e smog?
«Qui si sta meglio che in Italia. Non ho sentito il caldo, pensavo peggio.

Anzi, ci fosse ancor più calore sarebbe meglio. Noi partiamo alle sette del mattino. Magari non piovesse fino alla gara! Ci sarebbe temperatura più alta e io sarei contento».
L’unico a Pechino e dintorni. Ma il suo ferro è nobile.

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