Sfida da stadio tra i fan di Bobo e Gianni

Fischietti e striscioni in platea. E scoppia la guerra dei delegati

Adalberto Signore

da Roma

Il solito stereotipo dell’album di famiglia almeno per questa volta resterà nel cassetto. Perché se l’immagine calza alla perfezione ogniqualvolta le diaspore democristiane o socialiste si ritrovano su uno stesso palco per confrontarsi e scontrarsi fino all’ultimo respiro, il Congresso che si è aperto ieri alla Fiera di Roma non è stato soltanto un salto nel passato. È vero, c’erano Bobo Craxi, Gianni De Michelis e pure Rino Formica, Claudio Signorile, Felice Borgoglio, Enrico Boselli, Ugo Intini e Donato Robilotta. Insomma, una buona parte di quello che un tempo fu il Partito socialista di Bettino Craxi. Ma c’era anche e soprattutto la combriccola di calabresi che, con la benedizione di Saverio Zavattieri (uomo vicino a Bobo Craxi), ha dato il via alla violentissima contestazione che a più riprese ha interrotto i lavori del Congresso. E che a sera è sfociata nell’occupazione dalla Commissione di garanzia che doveva esprimersi sul riconoscimento dei delegati.
Le prime avvisaglie sono di metà pomeriggio, quando prim’ancora della contestazione scoppia la guerra dei delegati tra i sostenitori delle due mozioni sul tavolo (Craxi una, De Michelis l’altra). In totale dovrebbero essere 1.156, eletti dai congressi provinciali e regionali, ma alla Fiera di Roma si presentano quasi in 1.600. La querelle è rinviata a sera, così da permettere al segretario di aprire i lavori di quello che ieri - vista l’assenza di delegati - più che un congresso è stato un convegno. Ed è il gruppetto di calabresi, neanche un trentina tra i venticinque e i trentacinque anni, a prendere ben presto la scena. Prima contestando con i fischietti De Michelis, poi esplodendo in una vera e propria protesta da stadio, fatta di cori e cartelloni. Tutto organizzato nel dettaglio, dai fischietti branditi da ognuno di loro fino agli slogan. Una provocazione, quella dei calabresi, che infiamma la sala. Volano spinte, insulti, parolacce. Dalla platea si alza qualche anziano militante: «Ma non capite che così facciamo una figura di m... tutti?». «Ora che siete schiavi di Berlusconi ci togliete anche il diritto di esprimerci», replica uno dei più accesi tra i contestatori. Poi un capannello, qualche spinta e almeno tre accenni di rissa sedati solo da qualche anima pia che decide di mettersi di mezzo. De Michelis, in piedi sul palco, guarda la scena impietrito, Bobo Craxi è costretto a farsi largo tra la platea e prova a sedare la protesta: «È assolutamente inutile fare queste scene, diamo uno spettacolo pessimo».
Si riprende e il segretario chiude la sua relazione dopo quasi due ore d’intervento a braccio. Il gruppetto ha già da qualche minuto iniziato a passarsi cartelloni prestampati ad uso e consumo delle telecamere. «De Michelis segretario? No grazie. Sei il becchino dell’unità socialista», recitano i cartelli listati a lutto. Altra bagarre, altre spinte, altri insulti.

C’è pure un vecchietto pronto a menar le mani contro uno dei contestatori. «In realtà stavamo qui per Berlusconi, ma anche così ci siamo divertiti», dice uno dei calabresi prima di abbracciare la sua ragazza e chiedere a Enrico Lucci delle Iene di mettersi in posa per una foto.

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