Togli la parola «gay» dal testo e, voilà, la delibera viene firmata dalla giunta in men che non si dica. Questo il trucchetto escogitato dallassessore alla Cultura Vittorio Sgarbi per far approvare sotto silenzio il patrocinio alla rassegna teatrale omosessuale. Niente riferimenti alla diversità sessuale, niente paroline «scomode», ma un titolo più neutro: «Liberi amori possibili». E così il 18 aprile scorso, la squadra degli assessori comunali ha dato il via libera alla kermesse teatrale che parlerà anche di gay, trans e lesbiche. Senza sollevare il polverone dello scorso giugno sul patrocinio - dato e poi revocato - al festival cinematografico omosessuale.
Per una volta nella sua vita, il vulcanico Sgarbi svela di «aver voluto evitare uno scontro che non ha ragione di essere. Se avessimo scritto la parola gay, la delibera sarebbe rimasta ferma lì per mesi. La parola omosessuale porta con sé il concetto di ghetto e provoca resistenze culturali, religiose e sociali. Un piccolo escamotage ha permesso di sbloccare tutto e di evitare le polemiche, come accaduto per la mostra Vade Retro».
Il giochetto del testo camuffato di Sgarbi non è stato gradito dai colleghi della giunta. Prima fra tutti, lassessore alla Famiglia, Mariolina Moioli: «Le delibere devono sempre essere trasparenti - si indigna -. Si vive uno nella fiducia dellaltro. Quello di mascherare intenzioni e contenuti è un cattivo costume. Se è stato fatto intenzionalmente, non va affatto bene. Bisogna essere chiari e rispettarsi».
La pensa allo stesso modo il vicesindaco Riccardo De Corato che, impegnato nelle prime operazioni alla Camera, smorza i toni della «trovata» e ripercorre quanto fatto per i gay negli anni passati: «Anche con il sindaco Gabriele Albertini abbiamo approvato diverse iniziative per i gay: dallarte allo sport, senza nessun tipo di polemica inutile. Faccio presente anche che a Milano è stato organizzato il Gay pride». Idem lassessore ai Giovani, Giovanni Terzi: «Sgarbi avrebbe potuto evitare escamotage. Avremmo ragionato serenamente sullargomento. Evitare il dialogo - aggiunge - non porta a nulla. Non diciamo no per pregiudizio. Se una rassegna ha valore artistico, non vedo perché non dare il patrocinio». A onor del vero, gli organizzatori della rassegna teatrale omosessuale, fanno notare che il nome della manifestazione, «Liberi amori possibili» non è stato scelto per by-passare la giunta né per ottenere il patrocinio senza dare troppo nellocchio. «La nostra - spiegano - non è una battaglia di principio ma una rassegna a tema. Rassegna che è partita con le sue gambe e che solo dopo ha ottenuto il patrocinio del Comune». Non solo, a sostenere la proposta è stata anche la Provincia di Milano.
Offesi dalla «censura» della parola omosessuale sono alcuni membri dellArcigay.
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