Economia

Sgravi del 3% per chi fa un aumento di capitale

Muove i suoi primi passi il patto a tre tra governo, banche e imprese, per l’alleggerimento del carico debitorio delle piccole e medie imprese in questi mesi di crisi. L’esecutivo lavora ad un intervento che favorisca l’immissione di capitale nelle pmi, come ha confermato il ministro Giulio Tremonti. Mentre sul tavolo dell’incontro di ieri tra i vertici di Tesoro, Abi e Confindustria c’era la proposta di uno stop di un anno al rimborso dei capitali da parte delle aziende (comprese quelle artigianali e commerciali): misura che «riguarderà certamente leasing e mutui» come ha detto il presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, e che potrebbe essere estesa ad altre tipologie di finanziamento, come «lo scoperto di conto e lo smobilizzo di fatture».
Intanto la numero uno degli industriali incassa il primo «sì» da Tremonti ad un piano di sgravi fiscali a favore delle pmi che si ricapitalizzano. Le prime indicazioni parlano di uno sgravio del 3% sull’aumento del capitale sociale delle imprese fino a 500 mila euro. «In un momento come questo serve maggior capitale per poter lavorare con le banche e affrontare una crisi di questo tipo», ha affermato la Marcegaglia. Il provvedimento sarebbe già stato introdotto nel pacchetto anticrisi, con una riformulazione di alcuni emendamenti, all’esame delle commissioni Bilancio e Finanze della Camera.
Confindustria torneranno ad incontrarsi la prossima settimana per definire i dettagli dell’iniziativa. L’accordo di massima sembra già esserci e la volontà è di arrivare alla firma di un documento ufficiale in tempi brevi, forse entro la fine del mese. L’importante, come ha detto il presidente dell’associazione bancaria Corrado Faissola, è «far sì che arrivato l’autunno le piccole e medie imprese non debbano avere problemi sulle scadenze dei crediti».
Secondo quanto emerso dall’incontro di ieri la moratoria (così l’aveva chiamata Tremonti) sarà limitata alle rate capitali dei prestiti (dunque non agli interessi) e alle aziende in bonis, ovvero al di fuori di situazioni particolari di dissesto. Si potrebbe definirlo un accordo per la ristrutturazione dei debiti delle imprese. Di fatto per un anno gli istituti di credito sospenderanno le scadenze di rientro dei capitali, nell’ambito di tutte quelle tipologie di finanziamento previste dall’accordo. «L’intervento non dovrà costare nulla in termini amministrativi alle imprese» ha tenuto a specificare la Marcegaglia.
Meno definita sembra al momento la questione della contropartita alle banche. Da tempo l’Abi chiede un adeguamento verso l’alto delle deduzioni che le banche possono effettuare sui crediti inesigibili, in linea con i regimi fiscali di numerosi Paesi europei. Proprio su questo aspetto, come aveva proposto Tremonti, sarà comunque individuata la contropartita per gli istituti di credito, per la loro adesione (comunque volontaria) all’accordo quadro che verrà sottoscritto dall’Abi. «È fuor di dubbio che a fronte del maggior rischio per le banche ci dovranno essere dei riflessi fiscali, ma è ancora tutto da definire», ha affermato Faissola.

A partire dalla possibilità per le banche di godere di questo «bonus fiscale» già col bilancio 2009.

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