All’America serve una seconda stampella. Dopo quella da 700 miliardi di dollari messa a disposizione del sistema finanziario azzoppato dai subprime, un’altra sarà necessaria per sorreggere i consumi, dare respiro a famiglie e imprese e, in definitiva, rendere meno aspra la recessione. Ben Bernanke ne è convinto, al punto da sposare la proposta da 300 miliardi di dollari dei democratici: «Con l’economia probabilmente debole per diversi trimestri, e con un certo rischio di un protratto rallentamento, prendere in considerazione un pacchetto di stimoli fiscali da parte del Congresso in questa congiuntura sembra appropriato», ha detto ieri il presidente della Federal Reserve, parlando di fronte alla commissione budget della Camera dei Rappresentanti.
La riproposizione della formula già adottata a inizio anno con una misura da 170 miliardi circa a favore dei contribuenti, era stata finora accolta con freddezza da George W. Bush. Il presidente, però, sembra aver cambiato idea: le parole di Bernanke, ha spiegato la sua portavoce, «hanno avuto una certa influenza su Bush, ora aperto all’idea di un nuovo pacchetto».
Musica per le orecchie delle Borse, pronte a ricominciare la settimana in rialzo. Corposo a Londra (+5,41%), robusto a Parigi (+3,56%) e a Madrid (+2,99%), più contenuto a Francoforte (+1,12%). Bene Milano, con il Mibtel che ha guadagnato il 2,65%. E la prospettiva di ulteriori sostegni economici non poteva dispiacere soprattutto a Wall Street (+4,7% il Dow Jones, +3,4% il Nasdaq), rinfrancata anche dall’inattesa crescita del Superindice in settembre (+0,3%) e dal passaggio in cui Bernanke ha sottolineato il manifestarsi dei primi effetti delle misure adottate per sbloccare i mercati del credito dalla paralisi. Segni positivi visibili anche in Europa, dove l’Euribor a tre mesi è sceso al 5%, livello auspicato qualche giorno fa dal governatore di Bankitalia, Mario Draghi.
Più tesa è, invece, la situazione sul mercato petrolifero, con il greggio che a New York ha guadagnato il 3% rispetto a venerdì scorso, a quota 74 dollari, sfruttando le attese per una riduzione della produzione da parte dell’Opec nella riunione di venerdì prossimo. Dopo che nel weekend era circolata l’ipotesi di un taglio fino a due milioni di barili al giorno, ieri la Libia ha previsto una sforbiciata all’output superiore al milione di barili. L’impatto di una parziale chiusura dei rubinetti petroliferi è tutta da valutare. Sia sull’inflazione, raffreddatasi proprio in seguito al calo dei prezzi petroliferi, sia sull’economia, più debole perfino in Cina. Dopo anni, nel terzo trimestre il Pil dell’ex Impero celeste è cresciuto al di sotto del 10%. Quanto all’Europa, la Bce rivedrà probabilmente in dicembre le stime di settembre sulla crescita (all’1,2%) e sull’inflazione (al 2,6%). Per Bernanke l’incertezza sulle prospettive «è insolitamente grande», e nei prossimi mesi è serio il rischio di un calo degli investimenti e di un’ulteriore contrazione nell’edilizia residenziale anche nel 2009.
Il successore di Greenspan è anche favorevole, oltre a misure di stimolo fiscale, all’adozione di provvedimenti in grado di «aiutare l’accesso al credito da parte di consumatori, proprietari di case e imprese».
Anche l’Agenzia internazionale per il lavoro, un ente dell’Onu, invoca un piano sociale per tamponare l’emorragia di disoccupati. Per la prima volta nella storia, i senza-lavoro supereranno nel 2009 quota 210 milioni, 20 milioni in più di quest’anno.
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