nostro inviato a Kiev
Rischia di diventare la bestia nera del calcio azzurro. Trattasi dellUcraina, naturalmente che stasera incrociamo qui a Kiev in uno snodo decisivo per la qualificazione alleuropeo 2008. Laltra sfida, politica più che calcistica, qualche mese prima, fissata a Cardiff, per lassegnazione degli europei targati 2012, finì con un clamoroso tonfo della delegazione italiana. Alla lettura del verdetto, inatteso, Michel Platini, presidente dellUefa, strabuzzò gli occhi e al ministro Melandri, seduta tra Carraro e Pancalli, scivolò una lacrimuccia di rabbia sul bel viso. Merito, raccontano i beninformati dellevento, di quel mandriffone di Grigory Surkis, esponente dellesecutivo Uefa e presidente della sua federcalcio, uno capacissimo nel trafficare con donne e regali quando cè da strappare un voto favorevole al proprio Paese. La Polonia, partner dellUcraina, si lasciò traghettare. Allora, 18 aprile, la sconfitta rischiò persino di mandare gambe allaria la federcalcio appena nata dalle ceneri di «moggiopoli». Oggi lesito della sfida del girone di qualificazione può solo orientare i destini di Donadoni e trasformare tutti i rimpianti del calcio di casa, rappresentato dai colori giallo e blu, in una grande occasione mancata.
Da queste parti pensano tutti al 2012, è vero. Kiev è un cantiere aperto, irriconoscibile allarrivo in aeroporto e lungo i percorsi classici che fanno della capitale ucraina una delle prime dieci città al mondo per estensione (800 chilometri quadrati la sua area urbana, 2 milioni e 600mila la sua popolazione). Nello sviluppo recente la classifica mondiale risulta scalata da uneconomia che sta bruciando la concorrenza della vecchia Europa: marciano a una media altissima, quasi intorno al 5%, cifre e stime che noi italiani sogniamo. Lo sport è la scorciatoia dei nuovi ricchi per rilanciare il Paese e dimenticare il passato sotto le insegne della madre Russia. Il calcio fa da apripista, naturalmente. La Dinamo Kiev, che fu il laboratorio di Lobanovski, stenta, luci accese sullo Shakhtar Donetsk dove Lucescu detta la linea e Akhmetov, acciaio e tv, provvede a realizzarsi attraverso acquisti impegnativi. Ha trovato riparo anche il compagno Cristiano Lucarelli, 3 milioni di euro netti lo stipendio consentito anche da una tassazione ridicola, 18% per i primi sei mesi, poi si scende al 6%. Raccontatelo a Visco, se vi capita.
Di solito, il calcio ucraino non ci fa paura. Anzi, il prino incontro ravvicinato, al mondiale di Germania, fu il passaggio cruciale verso la trionfale cavalcata. Con Shevchenko in campo fu un trionfo: 3 a 0, gol dapertura di Zambrotta, finale di Toni e poi tutti, con uno striscione a incitare Pessotto reduce dal suo volo drammatico.
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