Lo show di Celentano: «Ermanno, ecco un Leone che non vorrei darti»

da Venezia

Se c'è Celentano lo spettacolo è assicurato. Così dopo lo show, l'altro giorno, in occasione della riproposta del suo Yuppi Du al Lido, anche la consegna del Leone d'Oro alla carriera da parte del Molleggiato a Ermanno Olmi si è trasformata, da cerimonia tradizionalmente ingessata, in sketch a tratti irresistibile. Tutto ha inizio dopo che il direttore della Mostra Marco Müller, insieme ad Adriano Celentano, chiama sul palco dell'affollata Sala Grande Ermanno Olmi, presentandolo come un autore indispensabile». Segue classica standing ovation e abbraccio calorosissimo tra Olmi e Celentano che indossa i soliti pantaloni neri come la magliettina leggermente aperta sul petto. Il presidente della Biennale Baratta fa appena in tempo a leggere il messaggio del Capo dello Stato Napolitano («L'omaggio premia l'opera di un grande regista e la sensibilità umana e civile di un genuino interprete della storia e dell’evoluzione sociale del nostro Paese. L'augurio è che continui a raccontarci la gente italiana») che Celentano annuncia: «Caro Ermanno ti ringrazio per aver scelto me per la consegna. Ma questo è un premio che non vorrei darti. A proposito ci sono due sedie?». E Olmi: «Sono in ansia». Una volta seduti la gag continua con Celentano: «Tu sai meglio di me che con il premio alla carriera in qualche modo si viene licenziati come uno che non ha più niente da dire. È così?». Risposta di Olmi: «Ora non sono lucido perché ho un grande turbinio in testa ma ho paura di avere ancora qualcosa da dire». «Ermanno qual è la tua prossima opera?». E Olmi: «Diciamo pure un film che fa riferimento a tutte quelle volte che incontrandoci ci dicevamo: “Quand'è che facciamo una marachella insieme?”». «E come inizia?». «Con un orizzonte di mare e una spiaggia che accoglie le onde». E Celentano: «Ma è il film che vorrei fare io. Tu esprimi sempre il mio pensiero, t'invidio». A questo punto la gag, anche se non ci sono le leggendarie pause del Molleggiato, inizia a girare su se stessa, fortuna che Olmi la chiude così: «Adriano ora ti chiedo un aiuto per uscire fuori da questa storia». Risate generali, consegna definitiva del Leone con una seconda standing ovation e commozione negli occhi di entrambi.
Chissà se un film così vedrà mai la luce. Intanto il direttore generale della Rai Claudio Cappon, presente in sala, rivela ai giornalisti un progetto della tv pubblica con Olmi: «S'intitolerà Vita di Gesù e abbraccerà generi e linguaggi diversi. Con il regista ci stanno lavorando monsignor Gianfranco Ravasi e Claudio Magris (seduto anche lui tra il pubblico, ndr)».
Prima della premiazione Olmi ha tenuto la consueta conferenza stampa in cui ha spiegato la sua poetica: «Ho raccontato la terra dei miei padri, il mondo a cui appartengo proprio come ha fatto Pasolini che è stato osteggiato soprattutto da chi prima lo aveva osannato». Il riferimento all'intellighenzia di sinistra non è casuale neanche quando ricorda l'accoglienza 48 anni fa, proprio a Venezia, del suo Il Posto: «Una cultura da pantano ha detto che era un bozzetto cecoviano, considerando Cechov un minore.

Chi non è ignorante ma dice cose da ignorante è doppiamente colpevole». Infine, come un fiume in piena, se l'è presa con chi oggi non ha il coraggio di dire ciò che pensa: «Perché Indro Montanelli e Enzo Biagi sono stati lasciati soli? Perché nessuno si è alzato in piedi e si è opposto?».

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