Si prostituiva in casa e «per necessità»: assolta e risarcita

«L’ho fatto per aiutare i miei tre figli» Riceverà 25mila euro per danni morali

Nel 2002 era stata denunciata per esercizio della prostituzione. Ora non solo il Tribunale l’ha assolta, ma le ha accordato un risarcimento di 25mila euro per danni morali. I danni per essere stata costretta a fare le valigie in fretta e furia e a cambiare città per sfuggire agli atroci pettegolezzi del paese, ma soprattutto per essere stata, di conseguenza, costretta a rivelare la sua attività «extradomestica» ai suoi tre figli (il più piccolo all’epoca era appena dodicenne) che della «professione» della mamma non sapevano nulla. Una storia paradossale, quella di Caterina, oggi 46enne, rimasta improvvisamente sola a «campare» i ragazzi, decisa a tutto pur di non far mancare loro nulla, soprattutto scuola e università. Tutto comincia, infatti, una manciata d’anni fa quando il marito, persa la testa per un’altra donna conosciuta in chat, se ne va di casa mollando «su due piedi» lei e i tre figli. Caterina non si perde d’animo. Cerca un impiego, ma non possiede una specializzazione adeguata e, soprattutto, ha un’età «difficile» per l’inserimento nel mondo del lavoro. Bussa a più di una porta ma posti non ce ne sono. Il massimo che riesce a trovare è un lavoro come donna delle pulizie. Quattro ore al giorno, quando dice bene, e con una paga che non la fa arrivare a fine mese. E i figli hanno bisogno di tutto: mangiare, vestiti, sport, libri.
Che fare? Caterina è decisamente una signora piacente. I suoi quarant’anni non li dimostra davvero. Dono di natura e un po’ d’attenzione a non esagerare col cibo, poi camminate e un po’ di sport. Non resta che provare col mestiere «più antico del mondo». «In fondo - pensa - basta qualche accortezza». Ma non si improvvisa del tutto. Anzi chiede «consulenza» a chi «la vita» la conosce, una prostituta di zona di quelle che in paese, si sa, fanno il «mestiere».
«Ho bisogno di soldi - dice -. I miei figli non devono sospettare nulla, naturalmente. Ma come posso fare?». La consulente dà le «dritte» giuste: il marciapiede rende ma è rischioso e bisogna inserirsi in un giro. Invece, a casa, con una «pubblicità» adatta e con discrezione, la cosa si può fare. Caterina comincia a offrire i suoi favori sessuali. Il passaparola, alla fine, è la pubblicità migliore. Tra Valmontone e Velletri gli «affari» cominciano ad andare bene. Finché un giorno non bussano carabinieri e polizia alla sua porta.

Scatta la denuncia. I suoi figli vengono a sapere dell’accaduto, in paese diventa impossibile restare. La donna si difende: «L’ho fatto per necessità». Ora, la II sezione della Corte d’Appello di Roma le ha dato ragione.

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