Siamo fedeli solo al denaro. Tutto il mondo ci disprezza

Un estratto del saggio di Thiel, allievo di René Girard. L'Illuminismo ha creato illusioni e torpore intellettuale

Siamo fedeli solo al denaro. Tutto il mondo ci disprezza

di Peter Thiel

Il XXI secolo si è aperto con lo sconvolgente boato dell'11 settembre 2001. In quelle ore, l'intero quadro politico e militare dei secoli XIX e XX, e dell'intera epoca moderna, basato su una idea generale di deterrenza armata, sulla razionalità degli Stati-nazione, sull'opinione pubblica e sulla diplomazia internazionale, è stato incrinato. Infatti, come ci si sarebbe mai potuti attendere che il dibattito pubblico o anche l'utilizzo della forza potessero dissuadere un manipolo di individui folli, ben determinati e dagli istinti suicidi, individui che si situavano del tutto fuori dall'orizzonte normativo e culturale del sistema liberale occidentale? E cosa si sarebbe potuto fare, considerando che la tecnologia era progredita al punto tale da rendere possibile per un così esiguo numero di persone l'arrecare tanti danni e tanta morte? La consapevolezza della vulnerabilità dell'Occidente sembrava esigere un nuovo patto sociale, il quale richiedeva più sicurezza a discapito della libertà. Nella angolazione prospettica delle politiche pubbliche, occorrevano più scanner a raggi X posizionati negli aeroporti; più guardie di sicurezza sugli aerei; più documenti di identità e una restrizione della privacy; e meno diritti e meno garanzie per alcuni degli accusati. Da un giorno all'altro, la mania fondamentalista dei diritti civili nutrita dall'American Civil Liberties Union (ACLU), basata sulla inviolabilità assoluta dei diritti individuali, è divenuta un anacronismo improponibile. Anche se il dibattito sulla libertà e sulla sicurezza ne è uscito rafforzato, tutta la forza militare che poteva essere messa in campo è stata utilizzata per rintracciare i responsabili delle violenze dell'11 settembre. Nonostante la rapida mobilitazione, questi sforzi hanno avuto un successo limitato. Le antiquate forze armate americane non erano adatte a combattere un tale nemico; lo si sarebbe dovuto infatti inseguire e snidare non solo in America o in una manciata di campi di addestramento per terroristi in Afghanistan, ma giungendo fino ai confini del mondo. Peggio ancora, esattamente come una Idra, il nemico si riproduceva in maniera inarrestabile, così che per ogni jihadista ucciso ne sorgevano, per un perverso effetto di emulazione, altri dieci che, esattamente come i loro predecessori, si votavano al martirio. Sul piano più ampio della cooperazione internazionale e dello sviluppo, l'11 settembre ha richiesto accordi diversi. Per la prima volta dal 1945, la questione dell'unilateralismo e delle istituzioni chiamate a dare copertura istituzionale all'unilateralismo è stata sollevata da persone serie. Molto è stato detto altrove sul ruolo degli Stati Uniti e delle Nazioni unite relativo alla sfera politica, ma i dibattiti sottostanti si estendono a questioni ancora più fondamentali.

Per i fini che qui ci proponiamo, vale la pena di richiamare l'attenzione su una di queste questioni fondamentali, il dibattito politico del XX secolo sul contenimento della violenza. Dopo la Seconda guerra mondiale, il Washington Consensus ha richiesto enormi trasferimenti di ricchezza dal mondo sviluppato a quello in via di sviluppo. Sotto l'egida della Banca mondiale, del Fondo monetario internazionale e di una serie di altre organizzazioni, centinaia di miliardi di dollari sono stati trasferiti (sotto forma di prestiti a basso costo o di vere e proprie sovvenzioni) ai governi del Terzo mondo, favorendo così, secondo la teoria alla base di questo approccio, la crescita economica e la prosperità. Si trattava di una modalità di intervento efficace? Gli incentivi economici rappresentano uno strumento sufficientemente potente da contenere la violenza? Ex ante, i trasferimenti di ricchezza avevano un certo senso alla fine degli anni Quaranta. Coloro che avevano preso sul serio Marx ed erano perseguitati dallo spettro della Rivoluzione comunista speravano che il trasferimento della ricchezza avrebbe aiutato a vincere la guerra fredda e portare la pace nel mondo. Tralasciamo pure il fatto, evidentemente scomodo, che l'apparato burocratico di trasferimento della ricchezza non ha mai funzionato come pubblicizzato, sperperando in elefantiaci progetti le ingenti somme che gli Stati occidentali avevano destinato ai progetti di sviluppo del Terzo mondo, senza che da ciò sia derivato il sia pur minimo sviluppo, e prendiamo atto che, nel migliore dei casi, quel denaro tornava in Occidente, per rimpinguare i conti bancari svizzeri aperti da qualche autocrate o da qualche dittatore. Come gli eventi recenti hanno illustrato in modo vivido, la vera questione teorica è molto più profonda. Infatti, quando alla fine è arrivato il colpo tanto atteso, non è arrivato dalle favelas di Rio de Janeiro, né dai contadini affamati del Burkina Faso, né dai pastori di yak tibetani che guadagnano meno di un dollaro al giorno. Al contrario, è arrivato da una direzione che nessuna delle teorie moderne aveva previsto: gli autori erano sauditi di classe medio-alta, spesso laureati e con grandi aspettative. La loro mente, Osama bin Laden, aveva ereditato una fortuna del valore stimato di 250 milioni di dollari, in gran parte accumulata durante il boom petrolifero saudita degli anni Settanta. Da La ricchezza delle nazioni a Das Kapital, fino a Hegel e Kant e ai loro seguaci, i fatti brutali dell'11 settembre richiedono un riesame dei fondamenti della politica moderna.

Dall'Illuminismo in poi, la filosofia politica moderna è stata caratterizzata dall'abbandono di una serie di domande che un'epoca precedente aveva invece ritenuto centrali: che cos'è una vita ben vissuta? Cosa significa essere umani? In cosa consistono i fondamenti della comunità politica e dell'umanità? Come si inseriscono la cultura e la religione in tutto questo? Per il mondo moderno, la morte di Dio è stata seguita dalla scomparsa della questione della natura umana. Questa scomparsa ha avuto molte ripercussioni. Se gli esseri umani possono essere considerati come attori economici razionali (e, in ultima analisi, anche Adam Smith e Karl Marx concordavano su questo punto), allora coloro che cercano la gloria in nome di Dio o della patria appaiono bizzarri; ma se questi individui ritenuti bizzarri si rivelano invece essere più ordinari di quanto si pensi e capaci di affermarsi con determinazione, allora la narrazione politica che tende a considerarli inesistenti deve essere completamente riesaminata. Esiste, naturalmente, una tradizione occidentale più antica, una tradizione che offriva una visione meno dogmaticamente economica della natura umana. Questa prospettiva più antica era consapevole del fatto che non tutte le persone sono così modeste e prive di ambizioni da accontentarsi, come il Candide di Voltaire, di coltivare il proprio giardino.

Al contrario, si riconosceva che gli esseri umani sono potenzialmente malvagi o almeno pericolosi; e, sebbene ci siano grandi differenze tra le virtù cristiane di Agostino e quelle pagane di Machiavelli, nessuno dei due pensatori avrebbe osato perdere di vista la natura problematica dell'umanità.

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